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Rete delle piccole Citta`

Dallo Statuto al Progetto

di Pietro M. Toesca

L'utopia della libertà

C'è infine una caratteristica non trascurabile della nostra associazione, e che perciò dev'essere segnalata particolarmente.

Si possono associare alla Rete sia enti che persone fisiche, sia istituzioni che gruppi, imprese e singoli esperti.

Questo significa, già in partenza, l'eliminazione della discriminante pubblico-privato, a favore di una dialettica e di una collaborazione "a seconda dei bisogni e delle possibilità".

Una delle forme classiche dell'utopia è quella che commisura la possibilità di prestazione alla reale energia posseduta e disponibile; e il bisogno di soddisfazione alla reale esigenza identifìcabile e comparabile.

E' questa un'utopia della libertà: nel senso che la sua reale possibilità dipende, prima che da condizioni oggettive, dalla disposizione soggettiva, cioè dalla costituzione di un soggetto sociale la cui dialettica interna abbia la forma di quella distribuzione.

[gif - 44,670 bytes]Riconoscere i bisogni e amministrare le possibilità dev'essere un fatto comune di quel soggetto, costituirne la cultura e la politica: e come potrà avvenire ciò senza che già l'associazione rispecchi e rispetti capacità, forze, intelligenze, esigenze, problemi e anche difficoltà di carattere si potrebbe dire misto, complesso, singolare e comunitario ad un tempo?

Questa medesima varietà di elementi definisce pure l'aspetto, si potrebbe dire, promozionale dell'Associazione: essa non intende gestire esclusivamente e direttamente le imprese attraverso le quali si costruirà via via la relazione attiva, lo scambio efficiente, a diversi livelli, fra le piccole città.

Essa vuole in ogni modo aprire gli spazi, ricercare gli strumenti, avviare i processi grazie a cui le iniziative più varie di aggregazione (dal privato al pubblico, al semipubblico) procurino quel risultato attivando le soggettività molteplici, creando i soci di una società viva e solidale, i cittadini di una grande "città di città".

Anche qui, la grandezza non è una misura quantitativa, ma il corrispettivo interno del "piccolo" sopra definito: la grande "città di città" non è altro che quel territorio la cui unità risulta dalla consapevolezza e dalla solidarietà costruita in comune, chiusa e precisa perché definita ed orientata, luogo di identificazione e di possibile scoperta ed esercizio delle proprie attitudini da parte di chi ci abita; ma aperta e disponibile, ad un tempo, all'ulteriore aggregazione, alla dialettica feconda ed allo scambio più ampio e disteso.

Patria moderna, insomma, liberata da ogni romantica ed ispida nostalgia, capace di messaggi universali ed impegnata, prima di tutto, a inventare i tramiti più nuovi ed efficaci di una civiltà libera e giusta.

La ricerca attiva della trasformazioneLa città utopica
L'autoanalisi della cittàNovità e alterità
La solitudine e il confrontoIl luogo pubblico
Un luogo per decidere L'utopia della libertà

Chi fonda la cittàLa funzione della cultura: il «come se»
Il diritto di fare la storia Comunicazione e relazione
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