Dallo Statuto al Progettodi Pietro M. Toesca Novità e alterità E' tempo di fare una precisazione sul concetto di novità. Non occorre essere "vichiani" ortodossi per osservare che il ritmo della storia ripropone quasi a spirale opportunità apparentemente estinte, in realtà soltanto compiute perché le esigenze in vista delle quali si sono realizzate si sono trovate di fronte a qualche altro bisogno o possibilità fortemente emergente e a cui non hanno saputo direttamente provvedere. E neppure occorre essere "nietzschiani" estremisti per convincersi che la circolarità del ritorni storici è legata a quelle esagerazioni dei processi di sviluppo (diciamo, in qualche modo, al progresso) grazie a cui la ricerca e la costruzione umana si semplifica e, facendosi univoca, trascura e violenta la complessità della vita che, perciò, si erge polemicamente e drammaticamente in certi grandi momenti di passaggio storico. Quando noi cerchiamo un nuovo modello di sviluppo non pensiamo certo di dover procedere alla cieca e comunque. Abbiamo due precisi referenti che ci permettono di intravvedere questa novità per un lato come rinnovamento per l'altro come alternativa e trasformazione totale. Il passato e il presente debbono essere fatti reagire in vista del futuro.
Contemporaneo a chi? Le disfunzioni, le tragiche riduzioni, soprattutto le conseguenze drammatiche
di scelte a cui la giustizia e il bisogno universale non fanno certamente
da faro direzionale, ci costringono a respingere nella pura contemporaneità
quella che vorrebbe essere la reciprocità tra il dato e il nostro livello
di consapevolezza e di giudizio. La radicalità, la globalità dell'alternativa sono la condizione del cambiamento reale e non gattopardesco. Lo scorcio del nostro secolo ha conosciuto le contrapposizioni apparentemente
più estreme, quali versanti invece di una medesima logica; ma ha conosciuto
pure la ricerca e, qualche volta, la proposizione di autentiche contrapposizioni. Forse il principale elemento di questa consapevolezza è dato dalla rappresentazione del rapporto tra cultura e politica, tra teoria e prassi. Vero è che il grande sapere estensivo ha cambiato la conoscenza del mondo, ribaltando, in molti casi, convinzioni antiche e durevoli, paradigmi sperimentati. Ma la quantità è costituita soprattutto dalla moltiplicazione e dall'accumulo, e tale conoscenza, mentre sembra, ed anche pretende di, esaurire i significati e le connessioni infinite delle cose, dichiara pure, raggiungendo i suoi punti estremi e producendo estreme conseguenze, la propria inadeguatezza a comprendere il diverso se non assimilandolo e riducendolo a univoci criteri. Il criterio della complessità, cioè della qualità dialetticamente rimandante, si presenta già anche astrattamente come risolutivo e autenticamente alternativo. Il sistema delle piccole città dell'Italia centrale appare così concretamente come un esempio che la storia offre all'esame, non solo curioso, ma interessato, odierno: il sistema della complessità rimandante, dove ciascuna versione riproduce sì le medesime esigenze e soluzioni, ma riconducendole non ad altro che alla soggettività creativa di ciascuna comunità. Questo referente creativo ad un tempo di invenzioni estetiche (cioè culturali,
significative) e di scelte funzionali (cioè politiche, costruttive) è oggi
assolutamente introvabile. La nostra ricerca, utopica e dunque provocatoria, è volta all'identificazione di questi nuovi protagonisti, per metterli in grado di appropriarsi e del pensare e dell'agire, della comunicazione come relazione e non puro trasporto di informazione, e di un fare che non discenda dalla prevaricazione della volontà più o meno maggioritaria (e come tale lievitata) ma da un confronto che accontenti sempre la parte di tutti.
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