Dallo Statuto al Progettodi Pietro M. Toesca La ricerca attiva della trasformazione Non usare modello, non usare sviluppo? In qualche modo tutto il grande e vario movimento di trasformazione del mondo (cioè della gestione che l'uomo, con le enormi capacità acquisite negli ultimi decenni, fa del mondo) dibatte su questi termini per riappropriarsene e per usarli efficacemente nella comunicazione del proprio proposito. Ecco dunque. Per questo parliamo di valori storici culturali ed ambientali grazie ai quali il rimando si trasferisce immediatamente al territorio e ad una dialettica tra ambiente naturale e ambiente antropico che qualche volta nella storia (testimoni appunto le città "storiche") si è attuato evidentemente e che oggi può essere restituito a condizione che la scienza e la tecnologia umane si atteggino umilmente come strumento di interpretazione generale del bisogni suddetti e di realizzazione di essi al di qua (ovvero al di là: gli scienziati debbono accettare un aspetto polemico nel confronti di una responsabilità da loro esercitata in modo negativo) della sopraffazione e delle esagerazioni univoche che proprio la scienza e la tecnologia moderne hanno compiuto.
Avremmo voluto chiamare direttamente utopiche queste città; oppure città
visibili, perchè esse puntano tutti i loro messaggi funzionari sull'aspetto
della visibilità, dell'estetica. Avremmo voluto. E questa attività è non solo teorica, ma pratica e politica: coincide con
l'incontro, lo scambio di informazioni, il parlare insieme. Le contraddizioni ci sono, e derivano tutte da quel sentimento di emarginazione che offusca la visibilità agli occhi di cittadini incantati dalle Sirene del grande business (leggi traffico) metropolitano, e che contamina l'utopicità (il fuori del tempo e dello spazio) con l'ansioso e ossessivo desiderio di adeguarsi , grazie al suono di quelle Sirene, a quel business e a quel traffico.
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