LA NOSTRA ESPERIENZA NELL'UTILIZZO DEL CHIODO I.C.
NOTE TECNICHE E CASISTICA*
G. Gaetani, G. Bacciocchi, P. Bonacina
Ospedale Generale di Zona Sacra Famiglia Fatebenefratelli - Erba
Divisione di Traumatologia ed Ortopedia Primario: Dr. G. Bacciocchi
*Relazione presentata al Congresso S.I.O.T., Firenze 7 novembre
1994
INTRODUZIONE
Nella prima edizione del Manuale dell'Osteosintesi nel 1976, il trattamento
di scelta nelle fratture di gamba era l'osteosintesi con placca e viti,
mentre l'inchiodamento endomidollare era consigliato per le sole fratture
trasverse del terzo medio della diafisi.
Da allora l'utilizzo dei chiodi endomidollari come mezzo di sintesi
delle fratture lafisarie ha assunto una crescente importanza; il bloccaggio
del, chiodo per impedire la rotazione e la scomposizione dei monconi di
frattura, ha fatto si che le indicazioni si siano allargate alle fratture
pluriframmentarie diafisarie e più recentemente alle fratture esposte
(1) (2) (3).
Gli studi condotti da Halfet (6) sull'anatomia e sulla circolazione
endostale hanno dimostrato il danno arrecato alla circolazione endostale
dall'alesaggio della cavità midollare, a fronte di una maggiore
stabilità dell'ìmpianto alle sollecitazioni in torsione e
di una riduzione delle forze di taglio a livello del focolaio di frattura.
(4) (6) Attualmente il chiodo bloccato può avere come indicazione
la sintesi alle fratture complesse e comminute diafisarie del gruppo B
e C della classificazione A.O. ed il trattamento delle pseudoartrosi e
delle deviazioni angolari degli arti inferiori.
Più recentemente l'esperienza di alcuni Autori (5) (6) ha dimostrato
come l'utilizzo in caso di fratture esposte di chiodi di piccolo diametro
infissi senza alesaggio, ottenga complessivamente dei risultati soddisfacenti,
con una percentuale di infezioni e pseudoartrosi sovrapponibile a quelle
ottenibili con metodiche piú complesse ( fissatori esterni - sintesi
combinate ecc. ). (4) In particolare il Rispetto della circolazione endostale
è ritenuto il fattore decisivo per la prevenzione delle infezioni
nelle fratture esposte.
MATERIALI E METODI
L ' infibulo I.C. è stato disegnato in modo da poter essere utilizzato
senza alesaggio e presenta alcune caratteristiche particolari nel disegno:
1) Una sezione di forma cilindrica, chiusa, con una triplice nervatura,
allo scopo di irrigidire la struttura, conferendo una maggiore resistenza
alla flessione ed alla torsione, previste per l'utilizzo del chiodo senza
alesaggio midollare.
2) Il chiodo tibiale presenta una curvatura prossimale di 11° (curva
di Herzog ) al terzo prossimale, che consente una più facile progressione
del chiodo ed una migliore riduzione delle fratture diafisarie prossimali.
3) Un profilo a tronco di cono smusso a livello della punta, in modo
da facilitare l'introduzione.
4) Distalmente sono presenti 3 fori per la stabilizzazione, due su
di un piano frontale ed uno sul piano antero posteriore. il foro distale
è posto a 15 mm dalla punta del chiodo. Quest'ultima caratteristica
consente di estendere le possibilità di bloccaggio alle fratture
del terzo distale diafisario e di evitare zone di cute danneggiata.
5) Sono presenti a livello prossimale un foro per il bloccaggio statico
ed una fenestratura attraverso la quale è possibile la sintesi dinamica
o in alternativa applicare una ulteriore vite in posizione statica.
Una compressione assiale è inoltre ottenibile tramite l'introduzione
di un elemento cilindrico filettato.
Sono disponibili chiodi tibiali da 8 mm. a 10 mm. di diametro e da
26 a 39 cm. di lunghezza.
Il chiodo I.C. viene stabilizzato da viti di bloccaggio autofilettanti
di 5,5 e 4,5 mm di diametro, disponibili parzialmente filettate per la
stabílizzazione prossimale è totalmente filettate da utilizzarsi
per i fori distali, come avviene per altri sistemi di bloccaggio.
Il set chirurgico comprende due punte di diametro 3,5 e 4,5 per i fori
prossimali ed una punta da trapano appositamente sagomata (lanceolata)
che facilita il puntamento del foro di bloccaggio distale.
Lo strumentario comprende un centratore prossimale, da assernblare
direttamente sul chiodo, con due fori contrassegnati con le lettere S e
D per il bloccaggio statico e dinamico. Un puntatore distale analogo ad
altri modelli, corredato di un centrapunte, completa lo strumentario.
TECNICA CHIRURGICA
Come per l'inchiodamento tradizionale è di estrema importanza
la preparazione del campo operatorio, l'utilizzo di un letto di trazione
e di un amplificatore di brillanza in modo da garantire l'asepsi della
procedura chirurgica e la riduzione preliminare della frattura in questo
modo si riducono i tempi di intervento e si minimizzano i rischi da esposizione
alle radiazioni del personale della sala operatoria.
E' opportuno uno studio preliminare della frattura ed una verifica
del diametro e della lunghezza del chiodo da utilizzare, mediante l'esecuzione
di una Rxgrafia della tibia controlaterale.
Il paziente viene posizionato supino, con l'arto sostenuto da un reggipoplite,
il ginocchio flesso a 45°, con una staffa da trazione al calcagno.
Ridotta preliminarmente la frattura, allineato l'asse dialisario e
controllata la rotazione (particolarmente nel caso di fratture comminute),
si procede all'accesso chirurgico per via transtendinea.
Con l'apposito perforatore si esegue il foro di introduzione in posizione
leggermente mediale rspetto alla tuberosità tibile ed il più
prossimalmente possibile, rispettando la superficie articolare tibiale.
Si procede quindi come per l'inchiodamento tradizionale all'introduzione
del filo guida, eseguendo un alesaggio limitato alla parte prossimale epifisaria,
per facilìtare l'introduzione del chiodo senza forzature, ed evitare
il pericolo di fratture longìtudinali. Introdotto il chiodo e verificata
la riduzione si procede al bloccaggio distale.
Effettuato il bloccaggio distale se necessario, si riduce ulteriormente
la frattura, rilasciando la trazione ed esercitando una compressione assiale
sul manipolo fissato al chiodo.
Si procede quindi al bloccaggio prossimale.
CASISTICA
Dal 1992 ad oggi abbiamo utilizzato il sistema di infibuli endomidollari
I. C. per il trattamento di fratture di gamba 16 volte; in 5 casi si è
trattato di donne e in 11 casi di uomini di età compresa tra i 17
ed i 63 anni.
Nel medesimo periodo di tempo sono state trattate presso la Divisione
di Ortopedia e Traumatologia dell'Ospedale di Erba complessivamente 43
fratture di gamba (5 con infibulo non bloccato, 15 con placca e viti, 3
con fissatore esterno, 4 con riduzione incruenta ed apparecchio gessato).
Le fratture comprese in questa casistica appartengono ai gruppi B e
C secondo la classificazione AO delle fratture diafisarie di gamba.
Tutti i casi sono stati ricontrollati a distanza ( follow up minimo
di 3 mesi massimo di 18 mesi).
In 5 casi si trattava di fratture con lesioni cutanee chiuse ( tipo
IC2 IC3 ) ed in due casi fratture esposte di grado I01.
In tutti i casi è stata praticata riduzione e sintesi a cielo
chiuso. In tutti i casi è stato introdotto senza preventivo alesaggio
del canale midollare, con la sola preparazione del foro d'ingresso per
evitare forzature durante l'introduzìone del chiodo.
In tutti i casi tranne 2 è stato praticato il bloccaggio distale
e prossimale ed in 3 fratture è stata effettuata una sintesi in
compressione, per fratture che presentavano un contatto ed appoggio trasversale
superiore al 30% della superficie della frattura.
Tutti i casi trattati sono stati riicontrollati radiologicamente a
distanza di 2, 4 e 6 mesi dalla frattura, tranne 2 ancora in trattamento.
I tempi medi di consolidazione sono stati nella media ( 2 - 4 mesi
) per le fratture del gruppo A e B, tranne in due casi in cui la consolidazione
è avvenuta a distanza di 6 mesi.
Il carico completo è stato concesso in media a 1 mese dall'intervento,
con un minimo di 15 giorni ed un massimo di 2 mesi.
Per quanto attiene alle complicanze dobbiamo riferire un caso in cui
abbiamo riscontrato una flessione della parte prossimale del chiodo, all'altezza
della fessura longitudinale, in un caso una rottura ed in un altro caso
una deformazione della vite dì bioccaggio prossimale ( caso in trattamento).
In due casi abbiamo riscontrato un ritardo di consolidazione ed in
un caso una deviazione assiale in valgo del moncone distale di frattura
di 4°.
Queste complicanze sono a nostro avviso da addebitarsi alla iniziale
inesperienza nell'applicazione della metodica di bloccaggio.
In un caso si è avuta una infezione profonda da stafilococco
aureo, trattata con antibíoticoterapia generale, in cui la precoce
rimozione del chiodo ha consentito la guarigione completa dell'infezione.
In un caso abbiamo avuto una tromboflebite profonda, con microembolia
polmonare.
DISCUSSIONE
Dall'íntroduzione delle metodiche di bloccaggio dei chiodi endomidollari
si sono osservate complicanze riferibili a cedimenti delle viti o rotture
del mezzo di sintesi.
Grosse e Kempf (1) (1986) riportano un tasso di complicanze del 6%
nel trattamento di fratture pluriframmentarie e complesse di gamba ( classificazione
A.O. gruppo B e C ).
Russel e Taylor (5) (1992) riferiscono, su 50 casi di fratture esposte
di tibia trattate con l'nfibulo senza alesaggio, il 10% di complicanze
determirate dalla rottura delle viti ed il 6% di rotture del chiodo in
fratture non consolidate.
Hart e altri (4) (1993) non riportano complicanze su 60 casi trattati
con chiodi bloccati riferibili a cedimenti strutturali degli stessi, ma
una percentuale di pseudoartrosi superiore alle casistiche delle endomidollari
con alesaggio preventivo del canale.
CONCLUSIONI
In sintesi i vantaggi di questo chiodo possono essere così riassunti:
1) strumentario unificato per lefnore e tibia con i relativi vantaggi
di utilizzo, econoriticità e stoccaggio.
2) buona rigidità e resistenza torsionale del chiodo
3) possibilità di ottenere una osteosintesi in compressione
"dosata" immediata.
Tra gli inconvenienti annoveriamo, a nostro avviso:
A) Il chiodo è vulnerabile a livello della fenestratura prossimale.
B ) Nella nostra casistica abbiamo constatato una flessione della vite
di bloccaggio prossimale in una sintesi in compressione, determinata dalla
vite troppo corta, ed una rottura da fatica di una vite distale.
C) La possibilita' di deviazioni assiali in varo/ valgo in caso dì
fratture del terzo distale, in cui il controllo della riduzione è
difficoltoso, problematica peraltro comune alla metodica di sintesi endomidollare.
Le indicazioni all'utilizzo di un chiodo non alesato come mezzo di sintesi
sono a nostro parere limitate, dariservarsi a fratture diafisarie di tipo
B e C della Classificazione A.O., in caso di esposizione di 1°- 2°
grado ( ove sia possibile è indicato il trattamento entro le prime
6 ore dal trauma, altrimenti differito di alcuni giorni) e in fratture
ove non sia possibìle o raccomandabile un alesaggio.
Da ultimo una considerazione sulla sintesi in compressione.
Dalla nostra casistica , peraltro ridotta, non emergono dati che ne
consentano una valutazione obiettiva, in particolare non si è registrata
una significativa riduzione dei tempi di guarigione.
In sintesi ci sembra importante ribadire che i requisiti necessari
alla guarigione di una frattura, sia essa sintetizzata in compressione,
con un montaggio statico o dinamico, è la stabilità, intesa
come abolizione di tutte le forze che agiscono negativamente sui processi
locali di riparazione delle fratture.
BIBLIOGRAFIA
1) Grosse A.: Manuale di osteosintesi delle fratture diafisarie del
femore e della tibia. Ed. Howmedica, Bruxelles, 1981
2) Kuntscher G. : The Kuntscher metod of intramedullary fixation. Journal
of Bone and Joint Surgery, 40-A, 17-26, 1958
3) Plaquet J.L.: "Le clou hexagone. Analyse des premieres 200 enclouages
réalisès." 1989, Thèse, C.H.U. Amiens.
4) Harth A.,Moerman J. et Alii. : "Treatment of TibiaI shaft fractures
by interlocking nailing." Acta Orthop.Belgica 59-4, 381-389, 1993
5) Paige Wittle A.,Russel - T.A., Taylor J.T. : "Treatement of open
fractures of the tibial shaft with the use of interlocking nailing without
reaming. Journal of Bone and Joint Surgery 74-A, 1162-1171, 1992.
6) Muller M. E., Allgower, Schneider R., Willenegger H. "Manuale dell'Osteosintesi.
Tecniche raccomandate dal gruppo AO" Terza edizione, Ed. Springer Verlag
1993.
Prefazione Bollettino
1995 a cura del Prof. Romano Marsano