Opinioni raccolte e suggerite quale spunto di riflessione
Due navi della Società di Navigazione Italia (gruppo statale I.R.I.): la prima era l'ammiraglia della nostra flotta passeggeri con il nome del condottiero ligure Andrea, che nel 1528 realizzò l'indipendenza della Repubblica di Genova; la seconda, più piccola ed anziana, anche carico merci, della serie "navigatori" e dedicata all'esploratore fiorentino Amerigo, il cui intuito di navigare lungo un nuovo continente venne premiato battezzando quelle terre America, già nel 1507. La tragedia, la più grande sui mari dopo il Titanic, della turbonave Andrea Doria si compì alle ore 23,11 del 25 luglio 1956, speronata dalla motonave Stockholm la cui prua affilata (adatta per la banchisa scandinava) penetrò 25 metri nel fianco destro inferendo una ferita doppiamente mortale. Anzitutto una cinquantina di persone, quasi tutti passeggeri Italiani rientrati in cabina,mentre si salvarono quelli nei saloni ai ponti superiori all'ultima festa prima dello sbarco mattutino a New York.
Poi la fine del transatlantico, squarciato nelle porte stagne, inclinato a tribordo imbarcando sempre più acqua sino ad affondare, dopo circa 11 ore, sotto l'obiettivo filmico anche aereo, a 75 metri di profondità.
Sintetizzo i momenti cruciali precedenti l'impatto: lo Stockholm lascia New York passando a sud del battello-faro di Nantucket, ma troppo vicino; così corregge la rotta verso dritta, ma ancora nell'area normalmente frequentata dalle navi dirette al contrario, da est a ovest.
Il documento citato analizza gli sviluppi del processo newyorkese chiuso velocemente il 29/8/57 tacitando parzialmente verità e giustizia per gli elevati motivi economici coinvolti: assicurazioni internazionali (furono pagati al minimo i familiari delle vittime) e cantieri nazionali (l'I.R.I. stava per costruire la nave ammiraglia della Svezia). Il nostro comandante fu scagionato ma non reintegrato a differenza dei due ufficiali nordici, biasimati ma non condannati, anzi lungamente naviganti. Da accostata ad accostamento ... all'epoca ero allievo ufficiale dell'Amerigo Vespucci, in rotta per Valparaiso, porto di Santiago in Cile, ove apprendemmo costernati le notizie del Doria. Pochi giorni prima avevamo effettuato l'estenuante pur suggestivo passaggio del Canale di Panama, da Colon a Balboa quando, entrati nel Pacifico, capitò una insolita grave avaria al motore di propulsione, precisamente la rottura dell'indicatore di pressione nella testata di un cilindro. Erano le ore 21 ed era iniziato il ballo all'aperto: calò di colpo un silenzio irreale e la velocità di crociera, una leggera corrente spingeva la nave verso la costa, per fortuna lontana ma visibile e calme onde oceaniche. L'avviso per altoparlante ai 700 passeggeri sembrò tranquillizzarli: una pausa di controllo essendo in anticipo sul prossimo scalo. Ovviamente tutto il personale di macchina venne "precettato" per un'operazione di emergenza ai limiti estremi dell'uomo, in un ambiente a 50°C alleviato da frequenti bevute integratrici (un barile pieno d'acqua, ghiaccio, agrumi, the, vino, eccetera). Sistemata la testata di ricambio, quindi camera d'acqua isolata da quella di combustione, riprendemmo la navigazione a mezzanotte: lo scampato rischio di "accostata alla costa" aveva fatto percepire l'insicurezza di una sola elica e contribuì alla successiva legislazione dell'obbligo di due propulsori per le navi trasportanti passeggeri. Chissà lo stato d'animo di tutti se l'affondamento del Doria, seppure per colpe umane e non ragioni tecniche, anzi in oltraggio ad esse, fosse avvenuto prima e non dopo il guasto del Vespucci. A proposito di incidenti a bordo (e conseguenti sviluppi processuali), vedere su questo sito l'articolo n°6 a titolo "Palazzo di Giustizia"! A.A.Attenzione: la terza A mi ricorda infatti l'esperienza sulla motonave Antonio Pacinotti.
"A. Doria - A. Vespucci" all rights reserved - 26 luglio 2006
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