Non ricordo il perché,
ma non potei rispondere subito a questa seconda lettera così struggente
e solo il 3 marzo gli scrissi brevemente:

Rileggendo oggi questi scritti mi ritornano alla mente tanti episodi di Corrado bambino.

Amava fortemente la sua mamma e biasimava il padre che era un ubriacone, prepotente e fannullone. Sua madre lavorava e si occupava poco di lui. E lui ne soffriva. Aveva tanto bisogno di ricevere e dare affetto. In un tema svolto in classe parlò una volta di un fratellino, che amava molto.
Era figlio unico! Inventò la presenza di un fratellino per il bisogno di esternare l'amore traboccante del suo cuore!

Bastava poco per farlo felice: terminate le lezioni, lo invitavo a casa mia, con altri compagni, per trascorrere qualche ora serena. La mia mamma preparava un po' di merenda, e lui non sapeva come fare per dimostrarle la sua riconoscenza. Qualche volta veniva con me a trovare un bravo sacerdote, che mi sosteneva spiritualmente nel mio compito non certo facile di educatrice, che mi consigliava nella guida di quei ragazzi così provati dalla vita, immersi nello squallore della miseria morale compagna di quella materiale.
Veniva volentieri Corrado, si confessava e parlava dei suoi problemi. Sapeva esprimersi bene, con chiarezza e proprietà di linguaggio. Certamente se avesse avuto un'altra famiglia, avrebbe potuto studiare con profitto. Non so come facesse ad imparare tanto nel breve tempo dedicato allo studio.

Dopo qualche giorno ricevetti un'altra lettera.