Novara, 8/9/1963

Gentilissima Signorina.

Scusi se solo oggi Le rispondo. Ma qua si puo scrivere solo due volte alla settimana, al lunedì e al giovedì. Se Le scrivo di domenica e solo perché domani, lunedì 9/9/63 parto per Torino. E mi anno dato il permesso di scrivere. La ringrazzio per la bella lettera che mi a mandato e per quello che vuol fare per me. Il giorno 24 vado a fare un appello a piede libero, e poi subito dopo al 30 vado alla casa di cura. Per quanto riguarda la mia libertà e il mio avvenire, si sono lieto, anzi commosso per la fiducia che Lei a in me. Però c'è una cosa. Io dalla casa di cura posso uscire solo se qualcuno viene a prendersi la responsabilità per me. Io non o più nessuno al mondo. Mio padre se io le scrivessi verrebbe a prendermi. Ma se io volessi affidarmi completamente a Lei, come o intenzione, bisogna che qualche giorno prima di uscire dalla casa di cura Lei venga a prendersi la responsabilità e cioè che firmi, una carta. Altrimenti se nessuno si piglia la responsabilità io non posso uscire. Io sono lietissimo di uscire con Lei. Ma certo non posso, e non voglio che Lei si prenda la responsabilità di farmi uscire. Lei sta già facendo molto per me. Più di quanto crede. Certo è che con mio padre non voglio uscire, anzi, al momento di uscire mi rifiuto, starò ancora dentro. E crudele, ma non o altra scelta, o stare in manicomio o uscire con mio padre, bisticciare, e tornare a errare, e tutto il resto. Di tutte queste due cose preferisco marcire, e impazzire veramente in un manicomio, tanto per gente come me non puo esserci altro che sofferenza e pena.

Forse non merito più di essere un cittadino, forse e scritto che io non sono degno di rifarmi una vita. Che ci posso fare? sono nato sfortunato. Non solo da oggi mi sono reso conto di essere un fallito, un reietto, un essere insignificante. Non o mai chiesto niente alla vita, niente di più di cosa mi dava. Ed è ben poco, ciò che mi a dato. Non o mai cercato niente, e non o mai chiesto niente se non un poco di tranquillita, e un lavoro. Ma tutto questo mi e sempre stato negato fin dalla tenera età. Quando più o avuto bisogno di affetto, più mi è stato crudelmente negato. Lei è buona, infinitamente buona, ma vuol mentire a me, e a Se stessa, Lei sa che io sono ormai un ragazzo fallito, finito, moralmente e spiritualmente. Tutto ciò che o sofferto, a lasciato in me una traccia profonda. Disprezzato e odiato da tutti, umigliato, nel più profondo dell'animo, fatto entrare in posti e in luoghi, che anno provocato in me una reazzione turbolenta. Anno scatenato nel mio animo il finimondo, un odio irrefrenabile verso chi mi e stato padre, e madre. Ma il perdono a prevalso su tutto. Perché non so odiare, come non so serbare rancore. Ma so di essere finito. Ma come posso rifarmi una vita quando non so come fare per uscire dalla casa di cura? Chi si piglierà la responsabilità? Comunque Le voglio dire una cosa. Se o la fortuna di uscire. sappia che sono ben lieto che Lei mi voglia aiutare. Anzi La prego di farmi sapere cosa a in progetto per me. E se non mi lasciassero uscire dalla casa di cura, sappia che Lei avrà sempre un devoto exs scolaro, che La porta nel cuore e le vuole bene. Sappia che in punto di morte il nome che pronuncerò sarà il Suo. Quando riceverà questa lettera, io sarò a Torino, risponda pure lì, e se puo al più presto. Perché io vivo solo nell'attesa di un suo scritto.

Cordialmente

Corrado C.