Ed ecco il 22 agosto mi riscrive:

Gentilissima Signorina.

Mi a fatto molto piacere la Sua lettera, e anche mi a commosso nel'aver appreso che Lei a capito perché a scuola, come pure ora mi ero ribellato. Vede questo fa parte di me stesso, un segreto che io e Lei solo sappiamo. No, stia certa che non o serbato rancore per nessuno, o perdonato, cosa che però non anno fatto nei miei confronti. Lei vorrebbe sapere per cosa sono stato condannato, anche questo fa parte di me stesso, ed e un mio segreto, segreto che sono lieto di rivelare a Lei, tanto buona e comprensiva. E una storia lunga, ma più che lunga, e una storia sporca. Tutto incominciò nel 1960, quando uscii dal manicomio. Era venuto a prendermi mio padre. Subito mi misi a lavorare, come elettricista, e poi come camionista presso la ditta P...,sita in via... Andava abbastanza bene, ma i soldi che prendevo, se li pigliava mio padre e se ne andava a bere, e io alla domenica non avevo mai nulla. Poi mi fidanzai ufficialmente con una ragazza C. Dolores. Abita nella stessa mia via, io in via...79 e lei al 123 avevo deciso di sposarmi, e mio padre si oppose, ignoro tutt'ora per quale motivo. Arrivò così il tempo delle ferie - e con la fidanzata andai a Capri. Nel fratempo mio padre raccontò alla mia futura suocera che io ero stato in manicomio, cosa che la mia fidanzata sapeva, ma non sua mamma. Morale sua madre mi denunciò che io avevo rapito sua figlia. Io lo seppi leggendo il giornale. Tornai subito a Torino, e fu inutile spiegare alla mamma della fidanzata che io mi volevo sposare, e che ero in grado di mantenere sua figlia. Il carcere mi attendeva. Un incubo dinuovo rinchiuso, e senza motivo, in un baleno mi rivenne in mente il tettro tempo trascorso in manicomio, fuggii e dovetti rubare per vivere, non volevo rubare, ma ne fui costretto, ancora una volta come gia fu in manicomio, non fui creduto, e dovetti scappare diventare un ladro per poter vivere, scappare, fuggire come un animale braccato dal cacciatore, ero stato in manicomio ecco il mio guaio da tutti considerato un reietto, Silvio Pellico disse queste parole: "Andavo senza pane e senza tutto, e senza nome, la mia patria mi intimò: "Va via" anche la mia mamma va! mi disse, ero suprema gioia, ero innocente!..." eccetera. Anche io potrei senza meno dire tutto ciò. Ero stanco di fuggire furono 28 giorni che non scorderò mai più. Mi costituii, sperando di trovare nell'animo umano quella comprensione che sempre mi fu stata negata - speravo di far trionfare la verità, speravo che l'animo umano fosse meno crudele, ancora una volta non fui creduto. Fu un fallimento morale e materiale delle mie idee, dei miei ideali e della mia opinione verso la societa. Verso mio padre e mia madre, verso quelle sacre persone che mi anno messo al mondo. Non o più affetto verso di loro, mi dispiace, non li odio, perché non posso, non sono capace di odiare, ma non li sento più legati a me. 4 anni sono lunghi, spossanti. Li o scontati. Ora sono stanco, ora sono alla fine, ma non vi è contentezza nel mio cuore, ma solo una grande e sconfinata stanchezza e tristezza. Ora Lei sa tutto, ora puo come gli altri odiarmi o compatirmi. Ma una cosa griderò sempre anche in punto di morte: "Non mi anno capito, o pagato ma ingiustamente." Lei che è così in alto, perché in alto io la vedo, come su un altare, giudichi Lei se o avuto colpa o tanta sfortuna. Vede?, ciò che o sofferto non si puo credere. Non o mai conosciuto una persona che mi abbia voluto bene. Solo Lei, e ancora o paura che sia un sogno. Scriva presto.

Saluti

Corrado C.