Opinioni raccolte e suggerite quale spunto di riflessione
Berlino Est/Ovest, 9 novembre 1989 Avvicinandosi la ricorrenza ventennale del crollo della barriera divisoria delle due Germanie - Federale e "Democratica" - e della loro capitale, ricordiamo un’esperienza di viaggio prima di quella storica data. Il muro cittadino venne costruito nell’agosto 1961, in fretta per bloccare l’esodo delle persone dall’est all’ovest: un muro fisico e politico, drammatico per molti in fuga nei 28 anni di separazione comunitaria e parentale. Agosto 1989 in gita con moglie e nipote, guidando l’auto in Austria e in Baviera, visitando città piccole e grandi, tutte gareggianti in bellezza ed urbanistica: da Innsbruck a Vienna, da Berchtesgaden (residenza di Hitler sulle Alpi Salisburghesi) a Coburg. L’invito di un conoscente italo-berlinese è l’occasione per raggiungerlo, anche come appoggio logistico. Entriamo quindi nella DDR: di colpo stride l’ambiente urbano e naturale visto dall’autostrada, la quale mostra un’anzianità da "preguerra mondiale" ed una polizia da "guerra fredda". Infatti, con criteri opinabili ma coercitivi, in vari tratti viene rilevata con il radar una velocità di poco superiore al limite a parecchie auto; e comminata la sanzione (in marchi occidentali) dopo aver trattenuto a lungo i passaporti per controllo. Proseguiamo più prudenti nei quasi 300 chilometri che separano le frontiere dei due Stati. Entrati in Berlino Ovest alloggiamo nella Kurfürstendamm, via densa di vitalità anche notturna, vicino alla Chiesa di San Massimiliano: o meglio i suoi resti dopo un bombardamento aereo, lasciati di proposito a peritura memoria; a fianco il contrasto dei due edifici moderni, detti per il loro profilo "la cipria ed il rossetto".
Poco lontano visita allo zoo e vista di altri punti caratteristici tra cui il Sacrario degli Alleati. Cresce l’emozione, sotto la Colonna della Vittoria, siamo al centro del grande parco Tiergarden e ci stiamo avvicinando all’emblematico doppio muro divisorio che si presenta saturo di parole e segni "libertatari". Dietro a sinistra il Reichstag, la sede del Parlamento tedesco, a destra l’imponente Porta di Brandeburgo. Ed ecco il giorno dopo quanto sopra ma con un’immagine speculare senza libertà, pittorica e non solo: il muro tenuto a distanza dai "vopos" (volk polizei), appena superato il loro accurato controllo documentale e, con specchi avvolgenti nella cabina di frontiera, personaie, Il passaggio costa l’acquisto di marchi "orientali" da spendere in giornata non essendo convertibili: con quelli rimasti dopo il pranzo abbiamo comprato la cassetta "La Passione secondo San Matteo" di Bach e conservato nel cassetto le ultime monete: ricordo del 10 agosto, tre mesi prima della caduta in titolo. Pochi passanti e poche Trabant, le "traballanti" auto popolari di allora: una sensazione quasi presaga dei prossimi avvenimenti storici.
Passeggiamo lungo il celebre viale dei tigli "Under den Linden" - un tempo percorso dalle parate militari naziste - sino all’Alexander Platz, sullo sfondo la torre della televisione alta 300 metri circa; entriamo in Duomo e nel Palazzo della Repubblica. L’uscita da Berlino est è altrettanto controllata e sempre nell’unico valico battezzato "Charlie Checkpoint" dagli Alleati: l’emozione "liberatoria" si visualizza nello scherzoso gesto "vittorioso". Le procedure per uscire da Berlino ovest e rientrare nella Germania Federale si caratterizzano come all’inizio con lo stesso curioso equivoco: il nipote sedicenne si chiama Andrea, nome che in tedesco è femmina mentre Andreas è maschio. L’abbiamo capito dopo vari colloqui, più a gesti che a parole - con l’ansia comprensibile che l’atteggiamento inquisitorio fosse dettato da altri motivi - sino alla domanda chiave dell’ultimo poliziotto: "pampino o pampina?" Completiamo il viaggio (15 giorni e 4500 km), ma torneremo: vedere il prossimo racconto "Dopo la caduta".
"Prima della caduta" all rights reserved - 18 luglio 2009
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