Mar Condicio
a cura del cap. d. m. Emilio Giuliano Bacigalupo
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Opinioni raccolte e suggerite quale spunto di riflessione
Energy and Civilization

Ammesso, e non concesso, che l'espressione "Par Condicio" recentemente di moda - e non soltanto in politica - possa adattarsi sulla terra, quella traslata in titolo potrebbe riguardare la peculiarità della gente di mare, una microminoranza della popolazione.
Anzi, per essere concisi e lapidari, vale il detto "dei viventi tutti ne parlano e si preoccupano, dei defunti poco si parla e nessuno si preoccupa, dei marittimi nessuno parla e si preoccupa" (tranne loro stessi, ovviamente, e qualche amico e parente).

Questa visione realistica e` sintetizzata ne "I vivi, i morti e i naviganti" il recente ed avvincente libro del capitano di lungo corso Norberto Biso, che ha percorso mezzo mondo e tutta la vita su navi da carico. Quindi lunghi ed avventurosi itinerari, soste interessanti in luoghi, sconosciuti all'epoca, rischi e soddisfazioni delle responsabilità: da allievo ufficiale a comandante.

"Condizioni marine" ben diverse da quelle "terrestri" che ho conosciuto, limitatamente tra i 20 e 23 anni di età, nel primo dopoguerra quando la navigazione era quasi artigianale, rispetto alle tecnologie odierne. In plancia si impiegava il sestante e l'alfabeto Morse, ben lungi il satellite; in sala macchine si manovrava manualmente a 40-50 C e attorno a 100 decibel, adesso con visori e telecomandi in cabine ventilate ed afonizzate.

Naturalmente ognuno e` figlio del proprio tempo e, se andiamo a ritroso nella storia dei popoli, le peripezie erano e sono inversamente proporzionali alle innovazioni, restando la consuetudine del linguaggio marinaresco per certe vicissitudini terrestri.
Come quelle descritte dalla scienziata Rita Levi Montalcini, per alcuni personaggi da lei amati e stimati, nel libro appena edito ed intitolato "Senz'olio contro vento".
Un tempo infatti, quando il mare era troppo agitato per la sicurezza del vascello, i marinai colavano olio per attenuare il moto ondoso: se poi finiva la dotazione e il vento rinforzava contro la rotta compromettendo la superficie velica, il destino poteva essere segnato!

Quale può essere la principale discriminante tra navigare e non?

A terra non c'e` necessità di forte tensione emotiva e fisica; i turni lavorativi rispettano solitamente i bioritmi, riposo ed affetti allentano lo stress.
A bordo movimenti e pericoli inseguono l'orologio, le guardie giorno/notte più manovre ed emergenze sono implacabili, la solitudine personale si deve coniugare con la solidarietà collegiale: rispetto ed aiuto, non antagonisti. E' infatti una società gerarchizzata ed autocontrollata - guai se cosi non fosse per la sopravvivenza complessiva - motivata a tutti i livelli; ognuno ha compiti specifici, e conoscenze ampie, per togliere spazio alla casualità.

Anche a terra e` bene orientarsi come in mare con la rosa dei venti e i punti cardinali ? [gif - 57538 bytes]

Come giovane terzo ufficiale potevo e dovevo dare disposizioni al fuochista con 40 anni di navigazione: vale il buon senso della concertazione teorico/pratica per ogni problema - non e` certamente una disciplina militare, ma in caso urgente si decide da soli - poi a ciascuno le proprie responsabilità, proporzionali al grado di comando e non al curriculum (potrei autocitarmi in seguito per quanto capitò nel 1957 sulla motonave Pacinotti..).

Un'ultima considerazione, vista la razionalità degli studi e delle esercitazioni giovanili, poi della deformazione tecnica del ruolo navigante: si tende ad inaridire la componente - letteraria ed umanistica? Non necessariamente: ai miei tempi si leggeva libri e si sentiva musica, genti e luoghi stranieri stimolavano vari interessi; oggi i mezzi informativi raggiungono i marittimi quasi dappertutto, anzi sulle navi da crociera le relazioni sociali con i "terrestri" possono essere abbondanti!
Comunque la "mar condicio" non può gareggiare nel campo culturale, come tradizionalmente inteso, non fosse altro che per le diseguali condizioni; salvo personaggi atipici come l'ingegnere Amedeo Lia.
Laureato all'Accademia Navale ha percorso oltre mezzo secolo, in parallelo con l'attività imprenditoriale, i mari dell'arte europea: donando poi le sue "mille opere" al museo cittadino di La Spezia (dove l'ho salutato il 30/11/1996 all'anteprima inaugurale) già denominato il "piccolo Louvre".

Comunque i naviganti non sono terrestri ma neppure extra: famiglia o passione li ha spinti ad un mestiere intenso, al limite della resistenza psicofisica, però retribuito ed organizzato, denso di esperienze esistenziali ma con ben più doveri che diritti.
Se la navigazione dura troppi anni può prendere a terra una sensazione di estraniamento, per contro un breve apprendistato sul mare può facilitare l'inserimento lavorativo nelle aziende industriali e nel terziario.
Comprensibilmente istruzione e formazione nautiche non sono trasferibili in altre scuole ed attività, cosi come non si possono imbarcare qualche mese i ventenni per completare la leva o il servizio civile: sebbene ne guadagnerebbero sia la società che l'uomo, corpo e carattere...

Ancora parafrasando il messaggio dei precedenti scritti: energia marinara, metabolica, maturante!

[gif - 54,876 bytes]Si può navigare verso i gradini della Lanterna e premiare la fatica con una visione dall'alto della terra e del mare!

[Bacigalupo: 20 dicembre 1996]


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