Ferrata storica
Angelo Dibona (1879-1956) la più grande guida delle Dolomiti...
a cura del cap. d. m. Emilio Giuliano Bacigalupo |
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Opinioni raccolte e suggerite quale spunto di riflessione
Energy and Civilization
Cortina 15 luglio 2006: presenti varie autorità, cittadini e
turisti, scalatori ampezzani, é stato ricordato il 50°
anniversario di Angelo Dibona (1879-1956) la più grande guida
delle Dolomiti; e non soltanto, essendo le sue "prime" almeno 70 in
tutte le Alpi, anche quelle francesi.
Nel giardino della piazza centrale ove risalta un busto del
personaggio, scolpito da Augusto Murer, viene collocata una corona
floreale commemorativa con brevi ma numerose testimonianze delle sue
qualità tecniche ed umane, avendo lasciato spesso ad altri la
fama di imprese in comune.
La cerimonia é completata da una mostra fotografica della vita,
familiare e sportiva, nonché della presentazione di un libro -
curatori Franco Gasparri e Carlo Gandini - illustrativo delle
caratteristiche di questo simbolo degli "Scoiattoli" cortinesi.
Simbolo anzitutto per i discendenti: ebbe figli e nipoti, ad uno di
questi - Ivano Dibona (1943-1968) - vorrei dedicare questo racconto;
stava ripetendo le scalate del celebre nonno quando, causa una scarica
di pietre, cadde dallo spigolo omonimo della Cima Grande di Lavaredo.
Allo sfortunato nipote é stato dedicato il sentiero
militare ricuperato sul Cristallino d'Ampezzo tra la Forcella Staunies
(metri 2918) e la statale verso Dobbiaco, località Ospitale
(metri 1490).
Il percorso si snoda per 8,5 chilometri con frequenti discese
e risalite, quasi tutte esposte a sud con tratti impegnativi: 100 metri
di corde metalliche fisse e 300 chiodi in parete, ponticelli di legno e
scalette di ferro. L'enorme lavoro di allestimento viene eseguito
durante il 1970 dagli amici dello scomparso, in particolare dal
fratello Freddi, fondista azzurro di sci, sulle tracce delle mulattiere
e delle trincee dei soldati italiani durante la prima guerra mondiale.
Ho tratto molti riferimenti dall'interessante libro
(amichevolmente imprestatomi dalla giornalista Feliciana Mariotti) -
autori Renato Franceschi, Tito e Camillo Berti - descrittivo del
sentiero in argomento con le terribili battaglie nel periodo 1915-17,
poi del ripristino logistico dei siti impervi ove vita e morte degli
alpini si compirono.
Il possesso delle posizioni dominanti del Gruppo del Cristallo
fu considerato di fondamentale importanza dai due eserciti per il
risultato bellico lungo il fronte tra le Tofane e le Tre Cime di
Lavaredo. Per gli italiani era in gioco la difesa della conca di
Cortina, per gli austriaci quella dello sbarramento di Landro a
protezione della Val Pusteria. A tanta distanza di tempo é
difficile immaginare il rischio e il sacrificio di giovani in armi:
restano evidenti le tracce logorate dalle intemperie di casermette,
caverne, reticolati, teleferiche; combattimenti ravvicinati e cruenti,
un conflitto che soprattutto nel gelo invernale fu tra uomini e natura,
prevalendo la montagna.
Per decenni gli "alpinisti ereditarono dagli alpini" una
situazione di ovvio degrado che non invitava a tracciare un sentiero
sicuro, sinché la memoria di Ivano Dibona fece da motore ad un
lavoro duro e gratificante; concluso con 1'inaugurazione dell'opera,
presso Forcella Grande, il 10/9/1972 nel centenario della fondazione
del "Corpo degli Alpini": "Uno squillo d'attenti, un secco rumore di
presentat'arm, una cornetta suona il silenzio fuori ordinanza; con le
nebbie salenti da Val Padeon e da Gravon del Forame sfilano le penne
mozze di cinquanta anni fa, ricordo del Battaglione Cadore di Carlo
Buffa di Perrero".
Ma, senza sapere tutto ciò, il 17/8/1971 avevo
già fatto questo sentiero - la prima ferrata della vita -
un'avventura memorabile!
Cronaca del giorno prima: sto leggendo in terrazza di un
albergo in Val Badia quando due coniugi si siedono vicini e parlano
della loro gita dell'indomani con gli zii, anziani camminatori
montanari; conoscono abbastanza la recente ferrata Ivano Dibona, sanno
che é lunga ma non rischiosa. Capisco possa essere all'"altezza"
della mia condizione "mediana" tra le due coppie: se non colgo
l'occasione non mi "arrampicherò" più - ormai i prossimi
sono 38 anni - allora rompo gli indugi e presento la mia "candidatura".
Avevo compreso il loro dialetto data la navigazione giovanile con
colleghi di quella città.: "ottima referenza" rispondono
perplessi e scherzosi "in montagna come in mare vale essenzialmente
l'autocontrollo" (sono felice, mia moglie no!).
In una giornata di pieno sole, tanto che soffriremo la sete a
fine provviste e tardo pomeriggio, partiamo di buon ora lasciando la
prima auto a Ospitale e la seconda a Rio Gere, sulla rotabile per
Misurina; saliamo con le seggiovie al Rifugio Lorenzi con una breve
sosta di acclimatamento panoramico ed affiatamento psicofisico.
Il "quintetto" inizia un percorso senza
il "conforto"
di altra gente, specialmente attraversando un nevaio poco
"rassicurante". Qui devo aprire una significativa parentesi: ritornato
recentemente alla Forcella Staunies come turista "pensionato", vedo
verso ovest un ardito ponte sospeso, descrittomi come il più
lungo (27 metri) passaggio aereo delle Dolomiti, costruito nel 1975 per
evitare ai "ferratisti" il pericolo di un sottostante ghiacciaio:
quello da noi attraversato "senza il senno del poi"!
Ritorniamo nel versante meridionale e sotto il crinale
troviamo un'alternanza di ghiacciai e pareti, alcune superate con
cordino e moschettone in presenza di appigli fissi, altre con
ponticelli alquanto provvisori. Soste ristoratrici ci fanno riflettere
sul contrasto tra le bellezze del panorama naturale ed i resti
drammatici della guerra: é una completa "ferrata storica" per la
nostra solitaria stupefatta esperienza. Cala la sera e il ritardo
accumulato per la stanchezza dei "muscoli più anziani" ci
sorprende in un interminabile percorso boschivo sino al rifugio-albergo
di Ospitale: dove telefonicamente tranquillizzo mia moglie a La Villa.
Oggi le avvertenze valutano il sentiero in 5-6 ore, noi un
poco dilettanti abbiamo quasi raddoppiato detta percorrenza; in
più il recupero della seconda auto e la viabilità per
rincasare nell'altra valle.
Il giorno dopo, almeno per me: fisico a pezzi, morale alle
stelle! Infine, ritornando alla grande storia, sintetizzata in chiusura
del citato volumetto della "Fondazione Berti "Sentiero ferrato Dibona":
"L'alpinista che procede su questo itinerario ricordi che tutte le
vestigie umane lungo il percorso sono sacre, memorie solenni di uno
spirito di adattamento, di nobile coraggio civile e militare,
testimonianze che hanno onorato la Montagna al di sopra dei confini
delle nazioni."
Ringrazio ancora gli amici Gianni e Flavia, un ricordo
affettuoso a tutti.
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"Ferrata storica" all rights reserved - 1 settembre 2006
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