Patto e Impatto
Come tutti, i patti sono preceduti e seguiti dagli impatti...
a cura del cap. d. m. Emilio Giuliano Bacigalupo
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Opinioni raccolte e suggerite quale spunto di riflessione
Energy and Civilization

Accordo dopo un chiarimento, un compromesso inevitabile, un vantaggio reciproco; un fatto positivo.

Scontro dopo una divergenza, un contrasto evidente, una contrapposizione di interessi; un fatto negativo.

L'umanità ha conosciuto e subito entrambi le situazioni; a fasi alterne, opera di pochi su tanti, ma anche singoli tra loro.

La natura segue regole proprie e complesse, spesso apparentemente crudeli nella fauna, misteriose nella flora, persecutorie sotto suolo (vulcani, terremoti) e sopra (tempeste, alluvioni).

Il nostro globo ha visto nei secoli un patto, certo involontario ma significativo, tra le varie forme vitali - dalla caccia alla pastorizia, dalla pesca all'agricoltura - sino all'impatto iniziale, altrettanto non voluto ma problematico, dell'industrializzazione e della tecnologia; in nome del progresso e per conto del benessere dell'uomo.

Come tutti, i patti sono preceduti e seguiti dagli impatti: una storia recentemente troppo rapida ha turbato il rapporto tra l'umanità e l'ambiente nonché le relazioni tra paesi a forte differenza socioeconomica.

Questo ovvio preambolo introduce all'interessante scoperta, seppure qualche anno dopo una dotta traduzione dalla lingua inglese, di un libro di lucida analisi planetaria: "L'impronta ecologica [1]"; gli autori sono ricercatori e docenti presso l'Università della British Columbia (Canada occidentale) che si avvalgono di una ricca bibliografia di studiosi internazionali.

La teoria proposta è culturalmente raffinata, semplificarla sinteticamente è l'azzardo di questa opinione. Si parla da tempo della sostenibilità territoriale utile all'incremento antropico, inteso come persone e loro fabbisogni; il concetto in argomento è quello di quantificare in superfici disponibili il carico umano, individuale e totale, sommatoria qualificata di tutte le attività, delle energie non rinnovabili, dei rifiuti ed inquinamenti (solidi, idrici, gassosi) conseguenti allo stile di vita.

Lo sviluppo è identificato solitamente con la ricchezza, monetaria e dei servizi, ma il genere umano deve comunque vivere mantenendosi entro i mezzi forniti dalla natura che ha già confini definiti.
Queste e successive affermazioni caratterizzano l'intuizione mediatica dell'avvertimento: stiamo colpevolmente abusando dei limiti concessi - utilizzare altri pianeti è fantasioso, almeno a breve - con una sperequazione sociale preoccupante.
E' noto infatti come una minoranza di popolazione consuma la maggioranza delle risorse e come questo squilibrio comprensibilmente non muterà per scrupoli morali e pratici. Anzi nazioni attualmente in via di sviluppo tendono umanamente a superare ataviche ristrettezze con crescenti usi ed abusi di beni, con scarti correlati.

L'impronta ecologica è l'integrale, con una matematica "ad hoc", di come ogni essere vive con il proprio avere: alimenti, abiti, energie, trasporti, servizi; quant'altro richiederebbe all'ecosfera un riequilibrio autorigenerativo. Una parziale compensazione in natura avviene grazie a zone e popoli con minore densità abitativa e/o consumistica, non essendovi "barriere doganali atmosferiche". Di conseguenza alcuni paesi possono permettersi, almeno in parte, un "debito" ecologico - il prodotto degli occupanti per il loro tenore medio di vita, quando eccede le proprie disponibilità territoriali - verso altri: i quali poi cresceranno, vanificando il menzionato "credito" e si inizierà a sfiorare il collasso della vivibilità globale, subendo la natura una saturazione irreversibile.
Questa "orma gravativa" - ovviamente opinabile per i fautori dello sviluppo progressivo, ma discutibilmente identificato con la civiltà - coinvolge l'individuo di ogni gruppo nel contesto ambientale, ne totalizza le manifestazioni con fattori di carico, indica in un numero di ettari produttivi la necessità, virtuale e provocatoria, di uno spazio unitario, esistenziale e sufficiente. L'impronta ecologica ricorda il concetto onnicomprensivo di emergia ("la madre di tutte le energie" come spiegato sul n. 13 di questo sito) che per ogni materia finita valuta l'entalpia di tutte le lavorazioni, partendo da quella originaria ed incorporando le successive (embodied energy). La Termodinamica conforta quanto sopra con le due leggi fondamentali, la prima sulla conservazione della massa - nulla si crea, nulla si distrugge - con la seconda sulla conversione entropica nel tempo: quantità coniugata alla qualità il cui decadimento è uno dei fattori dell'impatto in questione (come l'effetto serra e l'inquinamento biochimico). Occorrerebbe un patto, ma mentre vi sono buone probabilità di proteggere fauna e flora in pericolo, di limitare alcuni tipi di prelievi e scorie, di migliorare i rendimenti in molti settori, non sarà facile contenere gli sprechi quando, associati ai vari fabbisogni, sono equiparati al benessere e alla gratificazione. E' addirittura utopia pensare che la minoranza abbiente rallenti la propria corsa per rispettare il futuro della natura, tanto meno per ridurre il divario rispetto alla maggioranza; eppure la rincorsa di quest'ultima, in demografia ed economia, inciderà sul peso totale dell'umanità completandone l'impatto.

L'impronta ecologica tiene conto di tutte le attività antropiche valutate in fabbisogno di superficie terracquea vitale: la metodologia di calcolo è elaborata nei dettagli del libro, dal quale citiamo (pagina 119) una curiosità conclusiva.

"L'eventuale costruzione del ponte, in sostituzione dell'attuale servizio di traghetto per l'isola di Prince Edward (Canada orientale), porterebbe ad una appropriazione addizionale di circa 160 chilometri quadrati di terreno ecologicamente produttivo".

[ipotesi di Ponte sullo Stretto di Messina - 1972]

Chissà che analogia depauperatrice verrà addebitata al futuribile ponte sullo stretto di Messina - di cui all'ottimistica cartolina acquistata nel 1972 - progettato dall'ing. Mario Palmieri con un prudenziale (per la stabilità, non per la navigazione) pilone centrale, complessivamente alto 350 metri, dal costo totale di 200 miliardi di lire.

[1] "L'impronta ecologica" ovvero come ridurre l'impatto dell'uomo sulla terra; testo di Mathis Wackermagel e William Rees, illustrazioni di Phil Testemale; Edizioni Ambiente, volume raccomandato dal WWF.


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