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1 - Andrej Tarkowskij

Andrej Tarkowskij "Andrej Rublev" (1969)

Biografia e Filmografia:
Andrej Tarkowskij (1932 - 1986), autore e regista, figlio di un poeta assai apprezzato in URSS, si iscrive all'istituto di Lingue Orientali, dove studia l'arabo, e poi si aggrega a un gruppo di scienziati che eseguono ricerche geologiche in Siberia. Infine, dopo aver tentato la musica e la pittura, è ammesso a 22 anni al VGIK.
Si diploma presentando un mediometraggio narrativo - Il rullo compressore e il violino, 1960 - che narra il sogno di un violinista cui piacerebbe guidare un grande rullo compressore stradale: una divagazione che si vuole surreale e che rivela nell'autore un temperamento poco conformista. Per l'esordio, però, T. ripiega su un tema più accettabile dalla cultura ufficiale: è un film di guerra in cui si narrano il dramma e le atroci sofferenze di un bambino rimasto orfano e costretto a maturare troppo in fretta, dapprima solo e poi insieme ai soldati che combattono: L'infanzia di Ivan, 1962, cui va il Leone d'Oro alla Mostra di Venezia. Il progetto successivo rompe apertamente con il realismo dominante: è un film storico, che intende rievocare un periodo complesso della storia russa, quel travagliato '400 che vide invasioni tartare e lotte interne di inaudita violenza ma anche il sorgere dell'arte di un grande pittore di icone. Al centro, appunto, Andrej Rublev, 1969, eroe eponimo che il regista segue con rispetto e affetto, un uomo in cui si rispecchiano la religiosità profonda, la tenacia, la pazienza, il dolore di un popolo. Sceneggiato da T. insieme ad Andrej Milchalkov-Koncalovskij, fotografato in uno splendido, ricco e lucido bianco e nero da Vadim Jusov, il film, girato nel corso di due anni, ottiene il premio della critica internazionale al Festival di Cannes, nel 1969, ma il pubblico sovietico lo può vedere soltanto nel 1971. Passano 3 anni. T. non riesce a produrre nulla. Il terzo film arriva nel 1972, ed è un'opera - in apparenza "inoffensiva" - di fantascienza: Solaris, ricavato dal romanzo del polacco Stanislaw Lem. La storia è sì fantascientifica (un gruppo di scienziati osserva da un satellite artificiale il pianeta Solaris e scopre strani fenomeni sulla superficie incandescente che lo avvolge) ma in effetti contiene una meditazione sulla coscienza dell'uomo, la memoria e la responsabilità morale. T. riceve un nuovo premio a Cannes, quello speciale della giuria. Proseguendo su questo accidentato percorso dell'introspezione, il regista ripiega sulle proprie angoscie e sulla crisi della famiglia (i rapporti fra il padre e la madre, l'infanzia difficile) per estrarne una sorta di autoritratto e confessione, che ha i caratteri insieme dolorosi e pacificati di un racconto psicoanalitico, a suo modo oggettivo. Lo specchio, 1974, è il sin troppo espressivo titolo di un film che mischia privato e pubblico, storia e cronaca, meditazioni e manifestazioni (è il tempo dello scontro cino-sovietico sul fiume Ussuri), in una serie di indizi, rimandi, analogie e divagazioni gratuite: un labirinto a volte affascinante, a volte greve e datato. Dopo un altro film fantascientifico - Stalker, 1979, in cui nuovamente si dibattono i problemi della coscienza e della verità: si tratta di una esplorazione in un territorio proibito che cela segreti inauditi e che, una volta violato, provoca una silenziosa, profonda trasformazione in chi ha sfidato l'ignoto - T. lascia l'Unione Sovietica e cerca in occidente la possibilità di sviluppare il suo discorso ideologico-poetico. I suoi temi (la ricerca di se stesso, il rapporto con il padre, la ragione della sofferenza dell'uomo), i suoi luoghi narrativi (il ricorrere dell'acqua, come simbolo di vita), il suo linguaggio morbido e morboso insieme, diluito e intenso, sfociano in un film girato e ambientato in Italia: Nostalghia, 1983. A T. tocca ancora un premio a Cannes. E' un'opera di grande bellezza figurativa, immersa nel fumigare dei campi d'inverno, nel brillio e nel ticchettio dell'acqua, nella desolazione di borghi medioevali (del Senese), nella estatica ricerca di se stesso - e della morte - da parte di un russo che non può dimenticare la sua terra. E' come una sintesi - dilatata e immobile - del linguaggio e delle tematiche tarkovskiane. Nel 1986 presenta al Festival di Cannes Sacrificio e riceve il premio speciale della giuria (già malato del tumore ai polmoni che lo ucciderà). Le opinioni su Sacrificio sono contratstanti. Nessuno parla di capolavoro ma molti ne sottolinenao il viluppo affascinante di religione, ossessioni profonde, follia, speranza, che rende il percorso dell'ex-attore Alexander (il bergmaniano Erland Josephson) rifugiato con la famiglia nell'isola baltica di Gotland una summa del pensiero dell'autore. Altri ritengono trattasi di una confusa allegoria sulla fine del mondo appesantita da un gusto poco controllato.
T. resta una personalità enigmatica e semplice insieme. I suoi pochi film - i grandi e i minori - sono la manifestazione, quando diviene realmente esplicita, di una violenza interiore che si rispecchia in un groppo di immagini confuse, bellissime, abbaglianti, irritanti.
(da: Nuovo dizionario universale del cinema - Fernaldo Di Gianmatteo - Editori Riuniti)

Riferimenti:
Proiezione al macondo su Sprayliz n°.11 (Star Comics)

Internet:
Andrej Tarkowskij HomePage
Internet Movie Database: Andrej Tarkowskij


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