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Povero fumetto, che periodo nero: la scomparsa di Pratt e Bonvi coincide con l'agonia del settore. Una crisi grave: solo mimetizzata dalle tante riviste esposte nelle edicole, che in molti casi rappresentano gli ultimi disperati tentativi terapeutici nei confronti di un malato grave.
Tante di quelle copertine a colori con personaggi diversi, per la maggior parte americani, giapponesi o italiani, sono acquistate solo da poche centinaia di persone, e molti degli editori che le fanno stampare si chiedono se ridimensionare, smettere o continuare a rischiare.
Alcuni hanno già trovato una risposta: gli Editori del Grifo hanno chiuso, la Comic Art rinuncia a tutti i suoi personaggi americani e riunisce sotto un'unica testata i due mensili L'eternauta e Comic Art. Granata Press ha detto stop alle tavole disegnate: con quelle era partita e a quelle aveva dedicato gran parte della sua attività.
Due fatti emblematici rivelano la gravità della situazione: all'ultimo festival di Angouleme l'autore premiato è stato Vittorio Giardino con Jonas Fink, il suo bellissimo racconto disegnato ambientato nel '50 a Praga e iniziato a pubblicare da il Grifo. La seconda parte di Jonas Fink non riesce a trovare posto in Italia.
A Perugia nel corso della manifestazione Umbriafumetto la rivista Fumo di china ha consegnato i premi assegnati con un referendum dai lettori (dai lettori, non dai critici). Sprayliz, ragazza metropolitana con la mania delle scritte sui muri, è stata premiata come miglior personaggio e migliore testata e il suo autore, Luca Enoch, come miglior autore. I premi sono stati ritirati tra gli applausi dopo l'annuncio da parte dell'editore: Sprayliz chiude.
Fino a qualche tempo fa Sprayliz avrebbe ancora avuto la possibilità di rimanere in vita. Oggi i costi di pubblicazione si sono moltiplicati: non c'è solo il vertiginoso aumento della carta che sta colpendo tutta l'editoria, ma anche la spada di Damocle del rientro della resa.
Fino a meno di due anni fa quando una rivista invenduta veniva traportata dall'edicola al magazzino dell'editore, il costo per quest'ultimo era assai poco influente. Oggi il rientro della resa ha un costo che incide tanto più pesantemente quanto è alto l'invenduto. E questo è un danno enorme per l'editoria a fumetti: gli autori hanno bisogno di tempo per creare un mondo riconoscibile, atmosfere familiari, situazioni per le quali suscitare attesa nel lettore.
Sono questi gli ingredienti che sempre hanno fatto la fortuna dei personaggi di carta: non solo qualità, leggibilità, sviluppo narrativo, ma anche costanza nel tempo. E se i primi dipendono solo dall'autore, per l'iltimo è solo l'editore a decidere.
E' ben noto che alcuni dei più grandi successi del fumetto italiano (Alan Ford e Tex, tanto per fare solo due nomi) hanno vivacchiato per mesi nel limbo delle vendite. Nati in questa situazione di mercato non sarebbero riusciti a sopravvivere.
Gli editori preferiscono aumentare le proposte sperando nel colpaccio immediato, raro e spesso effimero. E' il caso del Corvo, novantamila copie di vendita, spinte dalla promozione del film. E, colmo della sfortuna, il Corvo non è un fumetto seriale.
La parola fine è apparsa dopo duecento e passa tavole e per quanto si cerchi di legare al Corvo altre inizaitive editoriali (come il Corvo presenta), la storia non è più quella e neppure gli incassi. La morte del fumetto d'autore si lega a quanto appena detto: troppo diversi, troppo personali il lavori di Pratt, Crepax, Manara, Giardino perché dagli autori potesse nascere una rivista in cui fosse riconoscibile un unico mondo, un'ispirazione o un'aspirazione comuni.
Troppo prive di mezzi o di idee le redazioni perché fossero loro a creare un'identità in cui calare personaggi e avventure. Così le riviste hanno saputo proporsi solo come freddi contenitori di materiale di varia qualità.
Qualche possibilità di ripresa fra i giovanissimi? Tra televisione, videogame, computer e Internet c'è ancora qualche spazio per i fumetti, ma è riversato - spesso maniacalmente - verso un personaggio o un prodotto specifico. Se amano i supereroi americani non amano i personaggi giapponesi (con qualche chance in più per gli italiani).
A dividerli non è solo lo stile, ma anche il inguaggio. Solo gli iniziati possono comprendere i nuovi fumetti americani, mentre i manga appartengono ai soli lettori cresciuti con i cartoni giapponesi. Che ora si abituano senza problemi a leggere da destra a sinistra: alcuni editori giapponesi infatti si rifiutano di vendere i loro fumetti in Italia se vengono ribaltate le tavole. Dragonball, il manga più venduto, si comincia a leggere dall'ultima pagina.