Archimede:

treno misure di Rete Ferroviaria Italiana

 

Questo treno diagnostico circola quotidianamente sulla rete italiana per programmarne la manutenzione in funzione dell’usura e per la sicurezza dell’esercizio.

 

Giorgio Di Modica

 

Premessa

Dopo la prova della prima E402B, illustrata sulla rivista I Treni n. 212 del febbraio 2000 pag. 48-52, con l’aiuto di mio figlio Massimo che ha ricalcolato i disegni delle testate, ho realizzato alcune lastrine per gli allievi dei corsi di modellismo del Gruppo Italo Briano.

La disponibilità di pezzi pressoché pronti per il montaggio mi ha indotto prima a costruirmi anche l’E402B Cargo (con i pantografi per il 1.500 Volt c.c. e i 25.000 Volt c.a.) e successivamente a farmi il 402.101, prima unità della serie che -rispetto alle successive- presentava qualche piccola differenza costruttiva.

Proprio per queste diversità il 101 è stato assegnato a RFI, che lo utilizza per la spinta del suo innovativo treno diagnostico: questa è la genesi della mia decisione di costruire l’intero convoglio Archimede.

Questo treno è un complesso bloccato (ma separabile) che può fare misurazioni a velocità fino a 200 Km/h.; è costituito da cinque pezzi, più il suddetto locomotore: nell’ordine troviamo la carrozza pilota, la carrozza IE, la carrozza armamento e due bagagliai. L’appalto per il loro equipaggiamento è stato vinto da Mer Mec, società nota per la produzione anche di altri tipi di unità diagnostiche in campo ferroviario, esportati anche all’estero.

Ai lettori, se non interessati all’intero treno, potrà essere utile la tecnica costruttiva delle varie unità: la carrozza pilota di tipo Z  non è infatti in commercio e così pure i bagagliai carenati; per chi non ha le altre due carrozze (Z di 2^ classe) occorrerà aspettare per vedere se dovrà costruirsele o se Lima (ora Hornby) riprenderà a produrle.

Ma vediamo come costruire i singoli componenti che si diversificano da quelli di serie per vari particolari.

vista del treno completo a Novegro 2004 (il bagagliaio 5 è su un tronchino per mancanza di capienza dei binari della stazione quando viene gestita in analogico automatico

 

 

La carrozza semipilota.

Deriva da una normale carrozza Z pilota, di quelle attualmente in uso sugli Intercity reversibili; esteriormente differisce per la presenza imponente di due fari e tre telecamere piazzate sopra la cabina di guida oltre a sensori variamente dislocati, antenne e apparecchiature non sempre individuabili a prima vista.

All’interno sono stati ricavati uno spazio per una sala riunioni, dotata di un grande tavolo e proiettori per visualizzare sia i dati delle rilevazioni che le immagini delle telecamere esterne, una sala visitatori, una sala regia e armadi per gli equipaggiamenti di misura.

Il modello può essere realizzato con lastrine di polistirene di vario spessore, oppure in modo ibrido con polistirene per la testata aerodinamica e latta (solite scatole di conserva da almeno 110 mm di diametro e alte 100mm ), ottone o altro materiale saldabile per il resto della carrozzeria. Si può anche partire da una carrozza Lima tipo Z -preferibilmente di 1^ classe per riutilizzare qualche vetro, imperiale, telaio e carrelli- sostituirne una testata tronca con una aerodinamica e riposizionare quasi tutti i finestrini.

Io descriverò il primo sistema, facilmente assemblabile anche con sola colla.

 

 

Sostanzialmente il lavoro consiste nel costruire una cassa e una testata aerodinamica da unire per formare un unico veicolo.

Partiamo dalla cassa. Da fogli di polistirene di 1-:-1,5 mm di spessore si ricavano le fiancate fino all’attacco della cabina del macchinista, le pareti della testata posteriore, almeno 4 paretine extra di irrobustimento e due rettangoli uguali per il sottotetto, la cui larghezza è in relazione allo spessore del polistirene usato ( spessore parete dx + spessore parete sx + larghezza sottotetto = 32,5 mm). Incollando una fotocopia del disegno sulle lastrine delle pareti appena fatte si possono segnare i perimetri dei finestrini da aprire; aperti questi ultimi, incisi leggermente i vari sportelli del sottocassa, delle porte e sul retro delle pareti (in corrispondenza del punto di piega per la rastrematura della testata tronca) si procede all’incollaggio con colle specifiche per polistirene o con un semplice ed economico liquido equiparabile alla trielina: laterali con primo sottotetto, testata posteriore, una parete come testata anteriore (per ottenere una semiscatola perfettamente a squadra), due pareti di rinforzo all’altezza della rastrematura e della toilette ed una extra al centro.

Il secondo sottotetto serve come base per costruire l’imperiale, se non si dispone di un tetto di recupero da carrozze Z  Lima. Il tetto è costituito da due parti: una normale ed una rastremata in corrispondenza delle porte posteriori. Per quella rastremata conviene incollare sul secondo sottotetto diversi strati di polistirene fino a raggiungere uno spessore di 10 mm e poi sagomare a lima; per quella normale cominciate ad essere gentili con la vostra amica del cuore perché vi faccia usare il forno di cucina. Prendete poi un pezzo di legno lungo una trentina di centimetri, largo tre ed alto almeno uno: sulla testata si incolla la sagoma della sezione del tetto e con raspa e poi carta vetrata si porta a misura (al fine di non perdere tempo, io ho usato la sagoma della seconda unità di un Arlecchino costruito anni fa). Ritagliate un rettangolo di polistirene più lungo e più largo di almeno 3-4 mm rispetto al sottotetto e fissatelo con due viti o chiodini sull’imperiale in legno in modo che la mezzeria della lunghezza coincida con la medesima mezzeria del legno e mettete il tutto in forno a circa 150°. Estraete ….. la torta quando il polistirene si sarà adagiato sulla curvatura del legno e fate raffreddare la lastra senza toccarla. Se il ritiro è risultato inferiore a 3-4 mm portate il tetto a misura.

Ritagliate delle centine del tetto (ridotte dello spessore della copertura rispetto alla sagoma esterna) e fissatele a intervalli uguali sul secondo sottotetto; a incollaggio avvenuto procedete a incollare sulle centine l’imperiale appena sfornato. Prendete ora una ventina di fili di rame di un qualsiasi conduttore elettrico -purchè di diametro di almeno 0,2 mm-  e incollateli sull’imperiale -con collante cianoacrilico (tipo Attack)- spaziati di circa 2 mm, per simularne le cannellature longitudinali (seguire scrupolosamente le istruzioni del produttore della colla onde evitare danni alle dita e agli occhi).

Il tetto completo, una volta verniciato di grigio, andrà fissato sul primo sottotetto con delle viti autofilettanti da mm 2,2x5 oppure incollato. Le tre griglie presenti si ottengono creando una cornice con filo da 0,3 mm di f e saldandovi all’interno degli spezzoni dello stesso filo per simulare le alette: una limata superficiale eliminerà l’aspetto del manufatto cilindrico dando quello della lamiera.

Passiamo alla testata aerodinamica. Da lastra di polistirene da 4 mm si ricavano due pezzi trapezoidali e quattro rettangolari che, incollati assieme (vedi foto), costituiscono l’ossatura della cabina (il quarto rettangolo fa da pavimento). Si incolla la solita fotocopia sui fianchi della cabina e si inizia a dare, con una lima a grana grossa, la classica “sgrossata”; si termina rifinendo con una lima a grana fine. Il secondo passo è l’arrotondamento degli spigoli fino a ottenere la sagoma vista dall’alto. Il terzo passo è raccordare la sagoma del tetto a quella della carrozzeria già assemblata.

Ottenuta una testata soddisfacente si procederà ad aprire i finestrini laterali e il grande vetro frontale nonché i vani per i fari (due doppi rosso/bianco in basso sui lati ed uno bianco centrale sul tetto).

La zona concava intorno alle finestrature può essere causa di difficoltà se non si dispone di una fresetta a palla, su flessibile o direttamente nel mandrino di uno di quei trapanini a 12 volt e a basso costo (intorno ai 10 €) che si trovano anche sulle bancarelle. L’importante è fare passate leggere e con mano ferma. Per procurarvi le frese a palla fate come me: mettete in croce il vostro dentista (se usa  moderne apparecchiature ad aria compressa certamente avrà dei rimasugli di frese inutilizzate per i vecchi trapani a cinghia).

Ora non resta che incollare la testata al corpo della carrozza e approntare un telaio.

Il pianale è costituito da un rettangolo di polistirene da 2 mm di spessore dotato da un lato di un dentino per incastrarsi in un incavo della carrozzeria di coda; l’altro lato è fissato con una vite  2,2x9 mm sotto la testata pilota. All’altezza dei perni dei carrelli è forato con punta da 4 mm per accogliere i carrelli Lima, e svasato, dal lato opposto all’ingresso del perno del carrello, con una punta da 5,5 mm; il foro è contornato (lato carrello) da uno spezzone di tubo di 4 mm di f interno e lungo mm 5. Dal lato della testata tronca è ricavata un’apertura ad ala di gabbiano atta ad accogliere il gancio allungabile. Il gancio è un  ricambio Lima, ma può essere costruito con semplice filo di ottone semicrudo da 1 mm di f piegato prima a U e poi a Z, e con le due estremità divaricate secondo la sagoma di un gancio commerciale; in testa si salda un rettangolo di latta lungo mm 7x11,5 -con funzione di portagancio-  dopo averlo ripiegato a forma di tubo quadro sopra l’estremità a coda di rondine di un qualsiasi gancio a norme NEM (l’interno dovrà risultare largo 3,2 mm e alto mm 1,75).

La base di appoggio e rotazione delle zampe divaricate del gancio è costituita da una striscia di polistirene da 2 mm, lunga quanto la larghezza interna della carrozza e larga 15-20 mm, incollata sul pianale e sormontata da altra lastrina da 1 mm, stessa lunghezza ma larga 30 mm, fissata sulla prima con una vite 2,2x5 mm a guisa di coperchio. Una molla dalla divaricazione delle zampe alla vite assicura il richiamo del gancio in posizione di riposo. Una semplice nota: io ho preferito posizionare i ganci all’interno della carrozzeria per evitare impicci al carrello ma nulla vieta di metterli sotto il pianale come faceva Lima. Per il posizionamento del portagancio (a filo della traversa di testa) valgono le norme NEM e l’osservazione di analoghi veicoli commerciali. Se si usano barre di accoppiamento rigide Lima consiglio di farlo sporgere almeno ½  mm in più per tener conto della compressione che avviene quando i veicoli viaggiano in spinta.

E’ inutile dire che chi ha optato per la carrozza Lima da trasformare potrà utilizzarne tetto, telaio (semplicemente accorciandoli dal lato della testata aerodinamica) e gancio.

A questo punto si procede con rifiniture e particolari: le cornici dei finestrini si ottengono semplicemente con filo metallico da 0,3 mm di f appiattito……nella trafila della pasta e sagomato su un rettangolo di legno delle misure adatte; chi desidera maggiore realismo può fare anche la cornicetta interna e saldarla alla precedente (il sistema è valido per una carrozza: per l’intero treno diventa noioso e conviene farsele per fotoincisione); i vetri, da incollare uno per uno,  si ricavano da striscette di plexiglass da 0,8 mm di spessore o da plastica trasparente tipo scatole da camicie (consigliabili colle che non intacchino il plexiglass, tipo Pattex saldatutto a due componenti o tipo Extreme monocomponente e le cui sbavature possono essere pulite con  semplice alcool), i respingenti da tubetto di ottone f 3 mm saldato su trapezi di latta con funzione di piatti (il molleggio è ottenuto grazie a una molla interna, ma è un optional), praticabili sui fusti dei respingenti anteriori in latta graffiata o realmente traforati, gancio modellistico in piattina di ottone, accoppiatori, maniglie e tergicristalli sempre in filo metallico da 0,3 mm, tromba in ottone da 1,8 mm di f sagomata a lima (o ricambio commerciale), grata anteriore in latta traforata o in carta disegnata, soffietti in vero tubo di gomma sagomato e incollato in loco, apertura del vano delle cartelle di destinazione solo per chi costruisce una semipilota normale, fari e telecamere in tubo da 2 mm di f, sensori per le correnti di ritorno e del blocco automatico, spie antincendio e antintrusione (capocchie di spillo verniciate, dietro consiglio di mia moglie Irene, con smalto da unghie rosso brillante  Poppy 572 della Deborah  e arancione perlato Mandarine B241 della Stanhome) per chi ha optato per la carrozza dell’Archimede.

L’impianto di illuminazione (a luce costante) consiste in un circuito stampato sul quale sono fissati i componenti elettronici del caricabatteria che alimenta la telecamera di bordo e i fari nonché i sensori del senso di marcia che determinano l’accensione delle luci rosse o bianche (tramite fibre ottiche da 1,5 mm di f). Detto dispositivo provvede ad alimentare i fari anche quando non c’è tensione in linea (ad esempio in corrispondenza dei segnali disposti al rosso).

Una microtelecamera a colori all’interno della cabina di guida come al vero  inquadra binario e linea aerea; è occultata così accuratamente nell’ufficio del capotreno che, a Novegro 2003, non è stata rilevata nemmeno dai redattori delle varie riviste specializzate!

La verniciatura prevederà i colori XMPR di RFI  (bianco/blu) o di Trenitalia (bianco/verde con fascia blu) secondo l’amministrazione scelta dal modellista (il disegno riporta quella della pilota di 2^ classe di Trenitalia).

Chi lo desidera potrà realizzare con semplice cartoncino anche gli arredi interni ( per Archimede i disegni sono riportati nei numeri 266 e 267  della rivista   I Treni  del gennaio e febbraio 2005 e il cui sviluppo va piegato secondo le corrispondenti lettere della vista in pianta; rimando ai suddetti fascicoli per ulteriori dettagli costruttivi e foto).

Il logo Trenitalia RFI e le scritte sono ottenute a mezzo di decalcomanie casalinghe utilizzando una economica stampante Epson C64 (70-:-75 €) secondo una tecnica evidenziata nel riquadro a parte, essendo comune a tutto il treno.

Costruzione della testata aerodinamica

Trasformazione carrelli da MD a Z

Modello finito

Pilota reale

Vista dalla cabina pilota

Vista sul monitor esterno

 

La carrozza IE

La seconda carrozza è dedicata al monitoraggio delle linee elettriche con un sistema di telecamere, specchi e laser disegnato per operare fino a 350 Km/h e per sopportare più di 2.000 misurazioni al secondo, senza alcun contatto con la catenaria. Eventuali difetti riscontrati e la loro localizzazione vengono trasmessi agli operatori con un margine di errore di appena 5 cm. E’ dotata inoltre di due tipi di pantografi comunemente utilizzati da Trenitalia (ATR 90 e FS52/92) al fine di effettuare anche misurazioni dinamiche per tutti i locomotori in uso al tempo della commessa.

E’ equipaggiata anche per fare misurazioni nel campo delle telecomunicazioni Gsm, Gsm-R, Etacs fino a 200 Km/h. E’ infine dotata di un cupolino sul tetto per permettere ai tecnici ispezioni visive dirette.

Questa piccola digressione è utile per comprendere il perché l’imperiale della carrozza è stato raso….…… al suolo e brulica di antenne, fari, pantografi di tipo differente e apparecchiature varie.

Alla complessità del tetto si contrappone la relativa facilità della cassa: se si sorvola sul fatto che un finestrino con apertura a vasistas è stato sostituito con uno apribile si può prendere una carrozza Z Lima di 2^ classe e limitarsi a chiudere il finestrino del lato sinistro sotto il cupolino e a portar via una fetta di tetto, chiudendo il vuoto con opportune lastrine di polistirene.

Io non ho sorvolato e ho utilizzato la stessa tecnica usata per costruire la carrozza semipilota.

 

 

Per la parte piana del tetto ho usato una lastra di polistirene da 4 mm di spessore mentre per le due parti rastremate ho usato un calco in resina della testata della carrozza pilota; chi avesse difficoltà a fare lo stampo può affidarsi al sistema delle lastre incollate sovrapposte e poi sagomate.

Creata la base descriviamo ora cosa metterci sopra.

Al centro troviamo il cupolino di ispezione: si può realizzare in polistirene ma in questo caso è preferibile una lastrina di metallo sottile, ottone o latta (scatola di tonno o pomodori) da 0,25-0,30 mm di spessore. Vi si incolla la fotocopia del disegno e si ritaglia con un paio di forbici robuste dopo aver aperti i vani dei finestrini, prima forandoli entro il perimetro con un trapanino e poi rifinendo il contorno a lima; poi si piega lungo il rettangolo del tetto e si saldano i quattro spigoli con i relativi rinforzi e le piattine usate per proteggere i vetri. Le cornici dei finestrini sono realizzabili col solito filo saldato o incollato. Ai ragazzi, invece del metallo,  consiglio di usare del cartoncino sottile di buona qualità (ottimo quello dei biglietti da visita), aprendo i finestrini con un taglierino e usando colla vinilica per l’assemblaggio, comprese protezioni dei vetri e cornici dei finestrini, anche queste ritagliabili dal cartoncino.

Lo stesso vale per il cassone delle apparecchiature (in gergo denominato “statica”), che si trova tra il cupolino e il pantografo ATR90 (fare il cassone base e incollarci sopra tanti rettangoli di cartoncino ad imitazione delle sottoapparecchiature sporgenti), e per gli altri scatolati (“dinamica” e trasformatori) visibili sul  disegno vicino al pantografo FS52/92.

La serie di antenne, presenti ai lati del cupolino, è realizzabile con piccoli triangolini in platica o metallo incollati o infilati su una lastrina di polistirene da 1-2 mm di spessore che ne costituisce la base comune.

I fari, in forma semplificata, sono tubetti di ottone (f 2,5 mm) torniti, con un collare in filo da 0,3 mm ad imitazione del perno di fissaggio; chi non dispone del tornio può inserire uno spezzone di tubo da 1,5 mm in uno da 2,5 ottenendo lo stesso risultato estetico.

I praticabili a disegno esagonale li ho ottenuti per fotoincisione su alpacca, non avendoli trovati sul mercato: possono anche essere fatti con una cornice in filo metallico da incollare su un pezzo di tulle esagonale reperibile nelle mercerie o recuperato da qualche bomboniera.

Il pantografo ATR 90 è un avanzo delle lastre fotoincise del 402B Cargo mentre il 52/92 l’ho creato ex novo in quanto non presente sul mercato; la loro descrizione richiederebbe un intero articolo: al momento consiglio di usare un ATR 90 Rivarossi e un FS52/92 Rivarossi o ViTrains, che almeno ne riproducono lo strisciante in modo quasi esatto.

Il tetto va ora completato con le 4 griglie principali, le 4 maniglie di salita, le spie antincendio e antiintrusione, l’antenna conica DGPS e la canalina laterale.

Chi desidera sostituire il vetro con apertura a vasistas con quello apribile trova le misure sul disegno. Le tecniche di costruzione di cassa e telaio e per realizzare gli arredi interni sono identiche a quella della Z pilota.

Modello finito

Particolare del pantografo ATR90

Particolare del pantografo FS 52/92

Particolare del cupolino

Postazioni di lavoro

 

La carrozza armamento.

Al vero la terza carrozza ha le apparecchiature più delicate e raccoglie i dati non solo relativi alle singole rotaie o al binario ma anche le forze generate dagli assi e quelle ritrasmesse al corpo della vettura e che quindi interessano i passeggeri. La maggior parte delle apparecchiature (odometri, accelerometri degli assi e della cassa, sensori del binario, antenne dei transponder, radar) non sono visibili a prima vista essendo ubicate nel sottocassa o sui carrelli. Viene misurato il profilo ed il consumo delle rotaie con sensori che hanno un margine di errore inferiore al decimo di millimetro, difetti della superficie e geometria, allineamento orizzontale e scartamento;  vengono misurate infine le accelerazioni su carrelli e cassa  durante le curve, nelle accelerazioni e nelle frenate al fine di costruire treni sempre più confortevoli e permettere una manutenzione ottimale del binario (in relazione anche al comfort dei passeggeri) grazie a speciali algoritmi che permettono previsioni di usura e stress dei vari componenti.

Nella parte anteriore sono stati ricavati anche alcuni locali per i tecnici (toilette, doccia, cucina e camerette).

Questa unità, se si dispone già di una Z di 2^ classe e si sorvola sul solito finestrino apribile, è una passeggiata.  Basta aggiungere sul tetto 4 fari, le spie incendio/intrusione, l’antenna GPS e una telecamera (tubetto di ottone da 2 mm di f con due visiere in lamierino da 0.3 mm di spessore con funzione di paraluce) posta al centro dell’imperiale.

Per coloro che, come il sottoscritto, volessero intraprendere la costruzione da zero, o quasi, valgono le indicazioni e disegni dati per la carrozza Z semipilota e per la IE.

Modello finito

Costruzione del tetto cannellato

 

I bagagliai.

Trattasi di due bagagliai carenati tipo X adibiti a officina, magazzino e principalmente a contenere la strumentazione di auto analisi del funzionamenti di tutte le altre apparecchiature di misura del treno; sono quindi il cuore del sistema. Il quinto elemento è anche dotato sul tetto di 4 fari e di una telecamera per l’ispezione della catenaria e dei pantografi, dell’antenna LAN nonché dello scarico di un motogeneratore.

Dal lato modellistico per realizzarli ho voluto provare la tecnica del “taglia e cuci”: ho preso due carrozze Lima giocattolo (lunghezza in scala 1:100) e, per il quarto bagagliaio, ho tagliato la prima all’altezza del primo finestrino dopo il WC: da una parte completamente onde inserire sul telaio una lastrina di polistirene da 2 mm di spessore e portare il tutto alla lunghezza giusta, e dall’altra solo fino all’altezza inferiore dei finestrini onde asportarli in blocco e sostituirli con polistirene da 1,2 mm di spessore. A incollaggio avvenuto ho aperto i nuovi finestrini e saracinesche nonché (sul telaio) i fori per i perni dei carrelli e le aperture ad ala di gabbiano per i ganci di allungamento. Ho proceduto poi ad istallare i ganci e relative protezioni dei punti di rotazione delle zampe come più sopra già descritto..

 

 

Per il nuovo imperiale sono partito da 3 tetti corti per ottenerne 2 in scala esatta: da due tetti ho eliminato la parte bombata di una testata e a ciascuno ho aggiunto una bombatura con parte di rettilineo (lungo quanto necessario per portare l’intero tetto a misura) prelevata dal terzo tetto. Siate abbondanti per tener conto degli aggiustamenti del dopo taglio. Avanzano la parte centrale del terzo tetto e le due testate eliminate, che potranno servire per altri lavori. L’esecuzione nel complesso è facile: l’unica cosa da curare è fare i tagli a 90° per non ottenere tetti a zig-zag. Su un lato del tetto si incolla una lastrina di polistirene da 0,3 mm ad imitazione della cassa dell’acqua. I vetri solidali col tetto (stampata unica) vanno tutti eliminati eccetto quelli delle porte e del WC. Gli scalini sono stati realizzati con la solita latta del tonno saldata su spezzoni di filo di bronzo fosforoso da 0,3 mm di f ancorati con colla in forellini sulla carrozzeria; anche i corrimano di porte e saracinesche sono fatti con lo stesso filo che rispetto a rame ed ottone ha una rigidità più elevata. Gli sgocciolatoi sui finestrini sono sempre in latta incollata con colla bicomponente o monocomponente (Pattex Bi-forte con presa in 5-6 minuti o Extreme). Per le grate dietro i finestrini si può procedere così: su un legno qualsiasi si piantano 2 chiodi distanti 10 cm e si uniscono con un filo teso di rame da 0,3 mm; si crea poi una seconda fila parallela alla distanza di 12 mm; su questi 2 fili ancorati ai chiodi si saldano gruppi di altri 5 fili perpendicolari ai primi e distanti 0,6-0,7 mm l’uno dall’altro, ottenendo gruppi di grate; a lavoro terminato (ne occorrono 16 gruppi) si dividono i vari complessi e si  incollano sul retro del vetro.

Per la quinta unità invece di accecare i finestrini ho provato a tagliare entrambe le testate e ricostruire per intero la parte centrale; invece di usare un foglio di polistirene da 1,2 mm ne ho usato due (da 0,3 e 1 mm) incollati assieme. Prima di incollarli ho inciso nel foglio da 0,3 le aperture per le grate delle saracinesche e ho ricavati i finestrini; nel foglio da 1 mm ho aperto i soli vani dei finestrini (leggermente più grandi del dovuto onde accogliere dopo la verniciatura i relativi vetri).  Le fotografie illustrano entrambi i metodi di lavorazione. Il resto del procedimento è analogo.

La valutazione dei due sistemi è soggettiva: quella personale è che, esclusi i tetti per i quali è decisamente consigliabile, si perde più tempo a tagliare e cucire che a creare ex novo; inoltre, trattandosi di prototipi rimaneggiati diverse volte e senza possibilità di essere delicati, ho avuto diversi problemi sugli incollaggi di testa fatti con qualunque tipo di colla, spesso a verniciatura già effettuata. E’ per questo motivo che per tutte le altre carrozze non sono partito da manufatti da adattare (la costruzione è avvenuta nell’ordine 402B, bagagliai, semipilota, armamento, IE). D’altronde se la mia vocazione fosse stata ……… la sartoria non sarei certamente andato a laurearmi alla Università Bocconi.

Ma spero che questa scetticità possa essere in futuro superata da collanti più tenaci.

Costruzione con taglio dei finestrini

Costruzione riusando la sole testate

Particolare interni

Modello finito del n.4

Modello finito del n.5

 

L’ E402.101

Il motivo che ha spinto ad adottare una locomotiva standard di peso e potenza elevati è di misurare il massimo stress alle infrastrutture generato dal suddetto peso (90 t) e potenza (6 MW) alla massima velocità di 200 Km/h.  Sono stati pertanto piazzati sul tetto sensori per rilevare la geometria dinamica della linea di contatto al passaggio del pantografo in presa, l’accelerazione, la forza generata dal pantografo sulla linea, la tensione, la corrente e gli archi causati dalla perdita di contatto degli striscianti (che portano ad un livello di usura inusuale). Nel sottocassa sono stati posti sensori opto-elettrici per la misura dello scartamento sotto il massimo peso (il 402.101 è il locomotore più pesante in forza a RFI). Anche ruote e carrelli sono equipaggiati con sensori per misurazioni dinamiche in corsa come ad esempio pressione esercitata dalle ruote sui binari, accelerazione sugli assi e quella percepibile sulla cassa da parte dei macchinisti. Gli equipaggiamenti sulle ruote, non potendo essere cablati con cavi, rappresentano un onere notevole per la telemetria a radio frequenza.

Alcune misure sono simili a quelle effettuate sulle altre carrozze: la differenza consiste nel fatto che la misura sul locomotore viene fatta sotto pieno carico. Particolarmente importante è il paragone tra i parametri della linea di contatto presi dalla carrozza IE e quelli della linea “disturbata” dal pantografo in presa.

Alle piccole differenze dei connettori frontali e al maggior numero delle modanature laterali si sono aggiunte apparecchiature specifiche. Oltre a quelle già illustrate il 402B è anche dotato di presa Rec maschio e, sui respingenti, di rilevatori per la misura delle correnti (di linea e del blocco automatico) di ritorno sui binari.

Sul modello molti dei sensori visibili sul tetto non sono riproducibili o perché minuscoli o perché di intralcio al funzionamento sul plastico, come per esempio quelli sui pantografi; rispetto al mio articolo su I Treni  n. 212  le cose più appariscenti sono le 6 telecamere e 4 fari presenti sulle testate, in tutto simili a quelle descritte per la carrozza pilota, nonché la retrostante apparecchiatura identica a quella della carrozza IE; idem per lo scatolato con isolatore (trasformatore) presente vicino a entrambi i pantografi della IE e qui collocato accanto al coltello di messa a terra del 3.000 Volt. Oltre al connettore per la condotta sotto il vetro frontale e ottenibile con un parallelepipedo di polistirene sagomato, sono visibili la presa Rec sulla sinistra del macchinista (recupero da una carrozza o carro merci) e il sensore delle correnti di ritorno sul respingente sinistro (rispetto al senso di marcia)  consistente in un blocchetto ottenuto da lamierino ripiegato tre volte su se stesso e saldato su un filo da 0,3 mm di Ø.

Modello finito

Particolare dei fari accesi

Treno Archimede completo

 

Per finire …..

Dodici tecnici, compresi coordinatore, capotreno e macchinisti, prestano servizio stabilmente sull’Archimede e grazie al loro lavoro tutti noi viaggiamo più sicuri. Per ricordarli ho previsto di montare, stilizzati, anche gli arredi interni e figurini al lavoro, ben visibili dalle ampie finestrature. Come già detto, per le carrozze IE e armamento la cosa è facilmente realizzabile con semplice cartoncino: sopra una facciata si disegnano armadi per elettronica, postazioni di lavoro e monitor vari mentre l’altra faccia si colora in ocra ad imitazione delle tendine che dal lato opposto al corridoio sono quasi perennemente abbassate; completeranno la scena alcune figurine, sedute davanti ai monitor, non appena trovate quelle adatte.

Il treno completo viaggia normalmente in spinta (locomotiva titolare in coda con cabina A orientata in avanti) e grazie anche all’elegante livrea e all’omogeneità della composizione il suo passaggio attira subito l’attenzione; il modello risulta quindi accattivante e appetibile anche a modellisti esigenti, come constatato all’Hobby Model Expo di Novegro dove ha circolato ininterrottamente per tutti e tre i giorni di apertura. Ovviamente per la circolazione su plastici è necessario, come per tutti i treni reversibili,  che l’armamento sia ben posato pena…….. la bocciatura da parte di Archimede Treno Misure di Rete Ferroviaria Italiana.

 

 

 

 

 

DECALS   facili

Le decalcomanie sono strani feticci: per loro alcuni modellisti farebbero carte false mentre altri le ignorano totalmente.

E’ ovvio che su un treno in movimento su di un plastico una decalcomania visibile solo con una lente d’ingrandimento dà un apporto limitato, se non nullo, alla aderenza alla realtà dell’impianto; è altresì ovvio che la stessa decal può risultare determinante in un confronto tra modelli da vetrina.

Come fare per le nostre costruzioni specialmente in un caso come questo del treno Archimede ove l’appariscente scritta sulle fiancate è da considerare parte integrante essenziale del modello ?

Occorre innanzi tutto dire che con i personal computer vi è il grosso problema di indovinare la gradazione di colore da dare a video alla decal colorata perchè corrisponda alla tonalità giusta che i drivers dei programmi software assegneranno successivamente al disegno nel corso della conversione per la stampa (i colori a video sono ottenuti infatti col metodo additivo RGB mentre le stampanti usano il metodo sottrattivo CMYK: la conversione è demandata agli algoritmi dei drivers che variano da produttore a produttore e nell’ambito dello stesso fabbricante da modello a modello di stampante). E la calibrazione dei colori del monitor non sempre è facile.

Fermo restando il suddetto irrisolto problema, tempo fa è andato a ruba un modello di stampante -attualmente uscito di produzione-, alquanto costoso se rapportato al numero delle decals necessarie per le poche unità che vengono costruite dai singoli, che poteva fare decalcomanie per processo termico. Oggi diverse ditte producono fogli per decals adatti all’uso anche con stampanti laser a colori (anche queste alquanto costose) mentre per molte stampanti inkjet esiste anche il problema  “acqua”  (che scioglie il colore al momento dell’immersione).

Una unità di studio del Gruppo Italo Briano ha risolto in parte la cosa in modo abbastanza semplice ed economico.

Acquistando fogli trattati al collodio ed utilizzando una stampante Epson inkjet C64, da poche decine di euro e i cui inchiostri Durabrite sono impermeabili all’acqua, si possono creare in via immediata (con un qualsiasi pc dotato di un programma di disegno) figure e lettere ad hoc, in nero o a colori se lo sfondo ove vanno applicati è chiaro. Le scritte chiare per fondi scuri richiedono invece un passaggio intermedio per via serigrafica, cosa  comunque necessaria, per qualunque tipo e marca di stampante,  se il colore della decalcomania deve essere assolutamente identico allo smalto usato per verniciare la carrozzeria del modello (come nel caso della imponente scritta della fiancata di Archimede).