Fufi è una gattina di pochi mesi.
Vive nella casa di una famiglia che la coccola
cercando di accontentarla in tutto, viziandola con
leccornie diverse ogni giorno,
con giocattolini per farla divertire, con carezze,
che lei ricambia facendo le fusa.
Il suo ron ron si sente continuamente.
Si può dire che sia veramente felice.
È bello vederla saltare per arrivare a toccare
la pallina che pende dallo spago,
rincorrere il finto topolino che fugge davanti a lei.
Alla fine del gioco è così stanca, che
corre a trovare rifugio nella sua cesta,
che la padroncina le ha preparato, guernendola di
nastrini e di palline.
Presto di addormenta e sogna.
Sogna di essere in un prato, con tanti micetti giocherelloni
come lei e di divertirsi immensamente. Sogna una ciotola di latte fresco,
e un po’ di carne squisita.
Già: ha tanto giocato che si è addormentata
senza fare la pappa,
così adesso la fame la fa sognare cibi prelibati-
Si sveglia con un “miao”, si lecca il pelo secondo
il suo metodo di farsi le pulizie
e si avvicina alla ciotola.
Graziella, la padroncina, capisce che Fufi ha fame…
Le versa un po’ di latte,
che in un attimo sparisce.
E la carne? Ecco la scatoletta preferita.
Contiene un ottimo pesce con un po’ di gelatina in
superficie di cui Fufi è ghiotta.
Un fievole miagolio vuol dire “Grazie,
era proprio eccellente”.
Una leggera strofinata sulle gambe della padrona e
una passeggiatina per le camere dell’alloggio.
Fufetta è una gattina molto pulita: non c’è
pericolo che sporchi fuori della sua cassetta.
È incredibile come abbia subito imparato ad
usare bene delle sue cose.
Dopo qualche settimana arriva inaspettato Cetti:
è un bel cucciolo di cane bassotto, buffo con
le sue gambette corte
e il corpo più lungo che largo.
Cetti annusa l’aria e sente un odore strano: è
odore di gatto, ma lui è innocente, non sa che potrebbe trovarsi
di fronte un potenziale nemico.
Cetti è arrivato all’improvviso, doveva rimanere
solo pochi giorni in attesa di una sistemazione, ma poi, chissà
come e perché è rimasto anche lui nella casa.
“Andranno d'accordo?!”
si domandò preoccupata Graziella.
Cani e gatti si sa non sono proprio amici dichiarati.
Sorpresa! Cetti si avvicinò a Fufi, l’annusò,
le girò intorno scodinzolando, con la migliore intenzione di farsi
un’amica.
Fufi non reagì: tra sé pensò:
“Chi
è questo intruso, con quella forma così strana? Non mi pare
che mi assomigli? Sarà capace di giocare?”
Cetti era davvero strano essendo un bassotto: corpo
più lungo che largo, zampe corte, anzi cortissime, come è
già stato detto..
“Ma come fa a camminare?”si
domandò Fufi.
“Sembra quasi che strisci
per terra.
E poi quel pelo così
rasato! Guarda il mio come è bello folto e morbido” e
si pavoneggiava.
Cetti, indifferente, era superiore a quelle fantasie.
A lui bastava avere una ciotola con del buon cibo
e una cuccia riparata.
Graziella non faceva mancare proprio nulla ai suoi
amici.
Mentre Fufi se ne stava tranquilla nella sua cesta
a fare un pisolino, Cetti, con un bel collare e relativo guinzaglio rosso,
uscì a fare una passeggiata nei dintorni.
Quante cose da vedere, quanti odori da sentire…
Tutto era novità per lui ancora inesperto.
Però quel guinzaglio, come tirava, ma a che
serviva?
Non poteva andarsene libero per correre dove voleva?
Il collare non era stretto, ma gli dava fastidio.
Graziella, al vedere e sentire tutti quegli strattoni
gli diceva:
“Vedrai, ti abituerai. Se
ti lasciassi libero, finiresti sotto una macchina oppure ti perderei. Non
sai quanti poveri cani si perdono tra il traffico della città. Io
già ti voglio bene e non voglio che ti accada qualcosa”
Forse Cetti capiva poco di quel discorso, ma alla
fine capì che doveva rassegnarsi.
Intanto Fufi svegliatasi cercava l’amico e si domandava:
“Dove sarà andato
quel mostriciattolo per lasciarmi qui sola?”.
Cetti riapparve sulla porta e fu accolto con un “miao”.
Felici entrambi cominciarono a rincorrersi e tutte
le camere dell’alloggio erano loro dominio.
Certo che due cuccioli così vivaci erano un
vero disastro!
Ne seppero qualcosa i tappeti, i cuscini, le tende.
La mamma di Graziella cominciava a preoccuparsi.
Corse ai ripari regalando una vecchia ciabatta a Cetti
in attesa di comprargli al più presto un osso di pelle di bufalo
e per Fufi cercò di sistemare un tronchetto d’albero dove potesse
limarsi le unghie, mentre toglieva loro d’attorno tende, cuscini, poltrone.
Il loro spazio fu così limitato con l’esclusione
di alcune camere.
“Quando sarete cresciuti
ed avrete più giudizio tornerete ad essere padroni di ogni ambiente.
Per ora accontentatevi”.
Un giorno venne in visita a Graziella una compagna
di scuola e portò con sé il suo cane.
Un bell’esemplare di cane da caccia.
A Cetti non parve vero di trovare finalmente un suo
simile.
Subito avrebbe voluto giocare con lui e portarlo a
conoscere Fufi.
Cominciò ad annusarlo da tutte le parti, a
fargli bacetti con leccatine e scodinzolamenti, ma Fufi se ne stava sul
chivalà.
“Che mi farà quel
tipaccio?” Si domandava.
”Debbo stare
tranquilla?”
Ma Pippo, così si chiamava il pointer, era mansueto,
non aveva idee bellicose.
Non si abbassava di certo ad avvicinarsi a quella
cosina pelosa.
Pippo aveva già tre anni, conosceva il mondo!
Con il suo padrone andava a caccia: si fa per dire,
poiché il fucile non c’era.
Andava per i boschi a correre fra gli alberi, a cercare
i nascondigli di eventuali selvaggine, a puntarle, ma senza fare loro del
male.
Non poteva evidenziare le sue qualità di cacciatore,
ma si divertiva ugualmente, mentre il padrone scattava
fotografie.
La visita dell’amica si protrasse e Cetti si stancò
presto di quel suo simile, veramente poco simile, e andò a cercare
il suo osso. Si coricò su un tappeto e cominciò a rosicchiarlo.
Fufi osservava tutto da debita distanza, ancora un
po’ diffidente.
Finalmente Pippo se ne andò. Cetti corse a
salutarlo e Fufi si sentì finalmente sollevata.
UNA NOVITÀ
Un giorno i padroncini dei due cuccioli decisero di
andare qualche giorno in campagna.
Avevano una casetta in collina con un bel cortile,
alberi da frutta, e ornamentali.
La casa era recintata e sicura.
Pericoli per Fufi e Cetti non ce n’erano, perciò
misero Fufi in una gabbietta e Cetti al guinzaglio. Salirono in macchina
e partirono.
Cetti era già stato in macchina e gli piaceva
moltissimo.
Si sedeva impettito ad osservare tutto quello che
succedeva fuori dal finestrino.
Come erano buffe le persone, che apparivano e sparivano
continuamente.
Già, non sapeva che la macchina procedendo
le sorpassava.
Ad un certo punto cominciò a vedere prati con
tanta erba e pensava tra sé:
“Come sarebbe bello andare
a correre in mezzo a quel verde”
Si dice che i cani non distinguano i colori,
ma qualcosa di diverso dal resto del paesaggio Cetti
lo notava.
Fufi, sorniona, non si interessava di nulla.
Non riusciva a capire il perché dovesse stare
chiusa in quel piccolo spazio.
Così si addormentò.
Giunti a destinazione, ecco la libertà.
Niente gabbia, niente guinzaglio, in quel giardino
meraviglioso.
Chi l’avrebbe immaginato?
I due amici iniziarono a correre, a correre a perdifiato,
ad abbaiare e miagolare di gioia.
Fufi, vedendo finalmente un albero e non il solito
tronchetto, si accinse subito ad arrampicarsi sul primo che aveva trovato.
Cetti, di sotto le abbaiava, e avrebbe voluto seguirla,
ma non riusciva a fare che qualche salto.
E pensava: “Come ha fatto
ad andare lassù?”
Fufi non riusciva a capire perché quel suo
amico non la seguisse.
Rimasta un po’ a guardare il mondo dall’alto, incominciò
a scendere rendendo felice Cetti, che si ritrovò accanto la sua
compagna di giochi.
Dal cancello osservarono l’esterno della casa.
Non potevano uscire, perché le sbarre non permettevano
un passaggio, però curiosarono fuori. Accanto c’era un cascinale
con alcune galline che razzolavano nell’aia.
“Ma queste che sono?”si
domandarono i due.
“Due zampe, svolazzano, non
hanno il muso, ma una cosa strana…”
Quante meraviglie.
Nessuno sentiva le loro domande e così nessuno
poteva dare loro una risposta.
Dopo un po’ saltò fuori nel cortile un bel
cane da pastore.
“Ecco un altro tuo simile–
disse Fufi – però è più peloso
e non sembra neppur a Pippo: Senti come abbaia. Io ho paura: è meglio
che ce ne andiamo.”
Cetti la rassicurò facendole notare che erano
al sicuro, che lì non poteva entrare.
Ma chissà come facevano a capirsi quei due che
parlavano un linguaggio così diverso.
Uno abbaiava, l’altro miagolava, eppure si capivano
benissimo.
Misteri della natura!!
Un altro giorno, sempre osservando fuori dal cancello,
Cetti vide passare uno strano animale: un cavallo!
“Che sia un cane grosso,
grosso?” Pensò.
Chiamò Fufi ed insieme aspettarono di vederlo
di nuovo.
Rimasero stupiti ed anche un po’ spaventati.
Cetti gli abbaiò e Fufi se la dette a gambe
per rifugiarsi sul suo albero.
FINE DELLE VACANZE
Tutto ha un termine ed anche le vacanze di Cetti e
Fufi terminarono e si ritornò in città.
Nella casa ritrovarono i loro giochi, le loro ciotole,
le loro cucce, ripresero i loro giochi e, forse con un po’ di rimpianto,
sognarono quel bel prato, che avevano conosciuto, quell’albero, quel cancello,
quegli strani animali che in città non si vedevano mai. Però
c’era sempre la carezza di Graziella, le coccole dei padroncini e, qualche
volta, la visita di Pippo.
Erano felici i due amici, anche se gli altri ritenevano
strana la loro amicizia.
Si capivano, stavano bene insieme e non chiedevano
altro che un po’ d’amore.