In Paradiso
c'era un angioletto, tanto carino, ma assai curioso.
Andava per le vie del cielo osservando tutto, raccogliendo
fiori, canticchiando
allegre canzoni.
L'angelo capo lo chiamò a rapporto:
- Senti un po': tu che sei tanto curioso,
non ti andrebbe di recarti sulla terra a curiosare
un po'
tra le cose di laggiù?
- Che cosa è la terra? Dove si trova?
Con pazienza l'angelo capo gli diede ogni spiegazione
e aggiunse:
- Ti chiamerai Tommaso ficcanaso.
Andrai in una bella casa dove una mamma ti aspetta.
- Che cosa è una mamma?
- E' una bella signora, buona, affettuosa, che
ti amerà tanto.
Anche se poco convinto, l'angioletto accettò.
Si mise a fischiettare e disse che era pronto.
In poco tempo divenne un bel bambino.
Così scese sulla terra.
Qui finisce la storia dell'angioletto
e comincia quella di Tommaso.
Sulla terra la mamma lo aspettava
da nove mesi.
Il 27 febbraio 2004 mamma Ilaria
quando vide quel batuffolo biondo
non stava più
nella pelle per la gioia e, fiera,
lo mostrava a tutti.
Il bimbo cresceva bene, ma, ancora
nella culla,
con quelle manine toccava tutto,
curioso.
I guai cominciarono quando iniziò
a camminare!
Era precoce il fanciullino.
Un
giorno trovò dei colori ed un pennello e cominciò a dipingere
tutto quello che trovava a portata di mano:
muri, porte, pannelli e rideva
felice imbrattandosi tutto.
La mamma non ebbe il coraggio di
sgridarlo,
vedendolo così fiero del
lavoro fatto ed iniziò
a tentare di ripulire quanto più
le era possibile.
L'impresa non era facile, perché
Tommaso cercava di impedirglielo: vedeva distrutto il suo capolavoro.
Era poi un vero "ficcanaso".
Voleva vedere il contenuto di ogni
armadio, di ogni scatola
e così fu soprannominato
"Tommaso ficcanaso".
Come tutti i bambini era curioso
di scoprire il funzionamento dei suoi giocattoli e ben presto cominciò
a smontare macchinine,
bambolotti, peluches.
Poi non riusciva a rimontarli e
piangendo li osservava
distrutti, fin che il babbo non
arrivava tentando di ripararli.
Aveva ora un anno o poco più.
Un giorno i suoi genitori non riuscivano
più a trovarlo in casa.
Preoccupati uscirono per le scale.
Tommasino, aggrappato al mancorrente
tentava di scendere le scale.
- Ma Tommaso, dove vai?
- Vado a vedere giocare le
bocce.
Vicino alla loro casa c'era un gioco
di bocce,
dove i pensionati dei dintorni passavano
il loro tempo
giocando.
Una volta, con il nonno, era andato
a vederli anche Tommasino.
Si era molto divertito e non voleva
più andarsene.
Avrebbe voluto partecipare al gioco,
ma nessuno lo lasciava avvicinare
per timore
che una boccia lo colpisse.
Così il desiderio di tornarci
gli bruciava dentro e,
da solo, voleva raggiungere il luogo
del divertimento.
La mamma non lo rimproverò,
ma lo convinse a ritornare
in casa con la promessa di accompagnarlo
al parco giochi.
Tommasino sovente sognava il bel
paradiso
che aveva lasciato
e lo prendeva la nostalgia.
Una volta si svegliò piangendo.
- Ma
che hai, piccolo mio?
Gli domandò premurosa la
mamma.
Tommasino raccontò che aveva
sognato
i suoi amici angeli che lo chiamavano
per giocare.
Gl dicevano:
. Torna con noi; giocheremo
con le stelline
che brillano nel cielo.
Vedrai, ci divertiremo tanto.
Tommasino si sentiva attratto e
piangeva
perché non sapeva come fare
a tornare lassù.
La mamma si preoccupò molto
della cosa.
Temeva che il suo bimbo morisse
per tornare
con gli angeli.
- Ma Tommasino, non ti piacciono
i tuoi amici di qui,
i tuoi giocattoli,
la tua mamma, il tuo papà?
Se tu torni lassù non
ci vedremo più
ed io piangerò tanto
senza di te.
Al pensiero di non poter più
vedere la mamma
Tommasino l'abbracciò e le
promise
che sarebbe rimasto sempre con lei.
I giorni passarono, gli anni passarono,
Tommasino dimenticò gli angioletti
del Paradiso.
Rimase accanto alla sua mamma, ai
suoi genitori,
diventò un bravo ragazzino,
un bravo giovane
studioso e volenteroso,
ma rimase sempre assai curioso di
tutto ciò che
gli capitava di trovare e così
gli rimase quell'appellativo di
TOMMASO FICCANASO.
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