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Prima Classificata Concorso Fiabe - La Cometa 2003  

 
 

In un paese così lontano da non entrare nemmeno nella carta geografica, in un tempo così remoto da non ricordarmene più, in un magnifico castello collocato su di una verde altura, vivevano un re ed una regina molto amati e stimati da tutti gli abitanti del regno.

I due sovrani avevano un figlio: un bambino della vostra età, ammalato di una malattia che nessun medico aveva saputo diagnosticare.
Il principino se ne stava tutto il giorno a letto: non aveva voglia di alzarsi, né di lavarsi, né di vestirsi, né di uscire a giocare con gli altri bambini. Parlava pochissimo e, cosa ancor più sorprendente, non sorrideva mai.
In poche parole soffriva di tristezza, anche se a quell'epoca nessuno sapeva cosa significasse questo stato d'animo.

Il re e la regina erano molto preoccupati per questo strano comportamento e chiamarono a corte i migliori dottori e specialisti, sperando che in qualche modo potessero guarire il loro adorato erede.
Ma nessuna medicina e nessuna terapia servirono a riportare la gioia e la serenità sul bellissimo volto del piccolo principe.
Alla fine, il re decise di chiedere aiuto ai suoi sudditi:

"Colui che riuscirà a far sorridere il principino - disse - riceverà una bellissima ricompensa."

E così vennero inviati cento messaggeri ai quattro angoli del regno per annunciare l'appello reale. 
Ben presto il castello si riempì di un'immensa folla di mercanti, contadini, curiosi e sedicenti pagliacci.

Tutti erano convinti di riuscire a far sorridere il principino.
Provarono a cantare, a fare strane capriole, addirittura a tirar di sberleffo o a fargli il solletico.
Ma l'impresa era più difficile dell'immaginabile.

Il principe guardava le improvvisazioni a lui dedicate con aria annoiata, sbadigliando di tanto in tanto ed augurandosi di poter rimanere presto solo, assorto nei suoi pensieri.
Durante il giorno guardava, attraverso la finestra della sua camera, gli altri bambini giocare.
C'era chi calciava la palla, chi faceva volare un aquilone, chi si divertiva a nascondino od a simulare una battaglia.

"Perché non vai a giocare con loro?", gli chiedeva la regina, accarezzandogli i bei capelli dorati.

Il principino la guardava con gli occhi pieni di lacrime, 
senza aprire bocca. 
Del resto, cosa poteva dire di fronte ad una domanda di cui egli stesso ignorava la risposta?

Intanto, il tempo trascorreva alla stessa maniera.

Un giorno era uguale a quello precedente ed identico a quello dopo. E cosi andò avanti per anni ed anni. 

Una splendida mattina di primavera, un forestiero si trovò a passare da quelle parti.

Mentre si stava dissetando ad una fontana, sentì le donne del villaggio parlare del piccolo principe senza sorriso.
Informatosi per filo e per segno sulla strana faccenda,
giunse al cospetto del re, chiedendo se poteva tentare anche lui a far sorridere il principino.

"Perché no? - pensò il re tra sé e sé - Ho permesso agli altri, permetterò anche a questo straniero: tentare non costa nulla!"
Il forestiero venne allora accompagnato nella stanza del piccolo principe. "Ciao - gli disse -gli disse - lo vengo da molto lontano, sono vecchio e ho visitato tantissimi paesi.
Vedi questo sacco? In ogni posto che vado cerco una cosa unica, rarissima, che non si trova altrove e la infilo qui dentro:
portandomela dietro è come se avessi un pezzetto di quella terra
sempre con me.
Questo mi fa sentire come se fossi ancora lì, pur essendo dovunque".

Il piccolo principe ascoltava con interesse, anche se non riusciva a comprendere pienamente cosa volesse intendere quell'uomo.
Dal tono della sua voce, doveva ad ogni modo trattarsi di una cosa importante.
"Sono venuto da te - continuò il vecchio - perché nel tuo regno non ho trovato niente che mi potesse essere utile, nulla a cui affezionarmi, se non una cosa che tu possiedi, ma non hai."

"Una cosa che io possiedo, ma non ho? ripeté con stupore il principino, mettendosi di scatto seduto sul letto.
"Impossibile, io ho tutto: sono il principe
ed il futuro re di questo grande regno!"

"La cosa a cui mi riferisco - spiegò il forestiero - è preziosa, ma non costa nulla e dato che non la usi, potresti vendermela: io saprei cosa farne.”

"Cos'é questa cosa?" domandò il principino incuriosito.
"È il tuo sorriso" rispose il vecchio con un sussurro misterioso.
"Ti sbagli - ribatté il principino - Non puoi comperare una cosa che non costa nulla!"
"Hai ragione - disse il vecchio - Allora il tuo sorriso dammelo in dono. Potrai riprendertelo quando vorrai, senza portarmelo via,
perché io ne conserverò sempre un pezzetto con me.
Se accetti, ti farò anch'io un bel regalo."

“Ma a cosa ti serve il mio sorriso?" chiese il principino.
"A portare felicità ai bambini che soffrono, ai poveri, agli ammalati" rispose seriamente il vecchio.

"E va bene: te lo dono" esclamò finalmente il piccolo principe.
"Grazie, non te ne pentirai" concluse il forestiero e tirò fuori dal suo enorme sacco uno specchio dalla cornice di osso di tartaruga e dal vetro lievemente incrinato.
"Eh no! -urlò il principe arrabbiato - Avevi detto che il mio sorriso era prezioso ed ora mi dai in cambio uno stupido vetro rotto.
Non vedi quanti specchi belli ci sono nel mio castello?
Sono di fine cristallo ed incorniciati d'oro e di pietre preziose.
Che me ne faccio di questo?"
"Ma é uno specchio speciale - ribatté il vecchio - L'ho ricevuto tanti anni fa da un povero mercante che abita in Oriente.
Prova a specchiarti."

Il principino prese in mano lo specchio e lo pose davanti a sé. Improvvisamente si impaurì:
il suo viso appariva deformato, lungo lungo e magro magro.
Le guance erano tutte ricoperte di puntini rossi
ed i denti non esistevano più.

Alzò la fronte e guardò il re e la regina, i cortigiani e la servitù: tutti lo fissavano con il fiato sospeso.
Si girò e si specchiò nel cristallo del suo comò e vide un bellissimo bambino, dagli occhi color dei cielo e dalla pelle liscia e delicata.
Riprovò a guardare nello specchio di tartaruga e vide la faccia mostruosa di prima.
"Che sollievo - pensò – E’ uno specchio matto!"

I suoi occhi si illuminarono e la sua bocca abbozzò un sorriso timido, che si tramutò tosto in una fragorosa risata.
Di corsa, scese le scale ed andò a raggiungere quei bambini che aveva sempre osservato da lontano,
ma di cui aveva imparato a riconoscere le voci.
"Guardate -urlò con gioia - Ho un magnifico gioco da farvi vedere," "Evviva - urlarono a corte - Il principino è riuscito a sorridere."

Il re sì guardò attorno, alla ricerca di quello strano individuo cui stringere la mano con riconoscenza.
Ma il forestiero aveva approfittato della baldoria generale per mettersi in cammino, con il suo pesante sacco in spalla.
Dentro aveva anche il ricordo del sorriso del principino.
E quando incontrava qualcuno che era triste, lo tirava fuori e glielo mostrava:
"Vedi .. -diceva - la felicità è dentro ciascuno di noi e può nascere se impariamo ad apprezzare ciò che abbiamo nel più profondo."

Il vecchio continuava il suo peregrinare, portando il sorriso del piccolo principe da un paese all'altro.
Un giorno lo fece vedere anche a me.
"Sono così stanco - mi confidò -Aiutami tu: porta questo sorriso in tutto il mondo, affinché tutti possano conoscerlo."
"Non posso - risposi io di fretta - È un compito difficile, é un fardello troppo pesante ed io non ho spalle robuste."
"Allora tieni questo" mi disse e si allontanò incespicando, con il suo enorme sacco in spalla.
Mi ritrovai sola nella polvere della strada, con una penna in mano ed un quadernetto in un’altra.
La sera, a casa, mi misi a scrivere di getto la storia che vi ho appena raccontato.
E, nel rileggerla, una lacrima che scendeva furtiva andò a morire in un sorriso di tenerezza, nato al pensiero di quello strano vecchietto che portava un carico così prezioso da non costare nulla, così immenso da poterlo donare a tutti, senza per questo perderlo e soprattutto senza esaurirlo mai
 




 

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