Viveva in un paesino un bimbo di nome Pollicino
Lo chiamarono così perché era piccolo, piccolo, come un pollice
Ricordava il bimbo piccolino della favola
Ma Pollicino non era una favola: era veramente un bambino.
Pollicino volle andare a scuola ed essendo il più piccolino, venne
fatto sedere nel primo banco.
I compagni lo canzonavano e gli dicevano: "Come sei piccolo!
Non puoi giocare con noi."
E lui piangeva e voleva crescere. Ma come fare?
Si rivolse così agli elfi del bosco.
Con loro c'era anche Babbo Natale, che era rimasto
nel bosco per distrarsi un po'. Li trovò sull'altalena e, quando
si accorsero della sua presenza, avrebbero voluto scomparire. Pollicino
però li supplicò di ascoltarlo, di aiutarlo.
Comparvero altri due elfi,
che si unirono al primo e si dichiararono pronti ad ascoltarlo.
Pollicino iniziò il racconto della sua storia e
dei suoi dispiaceri causati dalla piccolissima statura.
Gli elfi si consultarono tra di loro e con Babbo Natale
e decisero di cercare insieme nel bosco le erbe necessarie per fare un
incantesimo.
Nel bosco trovarono un arbusto,
che solo loro conoscevano.
Aveva delle bacche, che raccolsero:
dovevano essere 12.
Accesero un focherello, misero
su una pentolina con dentro le bacche
e poche gocce d'acqua di un
ruscello argenteo.
Le fecero bollire per circa
un quarto d'ora e il decotto fu pronto.
"Bevine una tazza ogni mattina,
-disse l'elfo verde- e vedrai che crescerai."
Pollicino, felice, prese l'intruglio
e se ne tornò a casa.
I giorni
passano, ma Pollicino non cresce. Il decotto non fa effetto!!
Così
decide di tornare nel bosco nella speranza di trovare là una soluzione.
In lontananza scorge alcuni gnomi e si rivolge loro pregandoli
di ascoltarlo.
Erano tre paciocconi con accanto un sacco. "Chissà
che cosa ci sarà in quel sacco" pensò Pollicino e cominciò
a sperare.
Ma chi sono gli gnomi? Sono dei nanetti, buoni, simpatici, che vivono nel
bosco, accanto ai ruscelli, tra gli animaletti loro amici. Sono amici delle
fate, degli elfi, ma hanno il terrore dei maghi, degli orchi, degli stregoni.
Se possono aiutano gli uomini: sono molto servizievoli. Pollicino si avvicina
loro e, tanto per cominciare il discorso, domanda: "Che cosa avete in quel
sacco?" "Nebbia, vento, polvere di stelle, granelli di magia, bacche porporine,
foglie di ginepro e poi, e poi..." Tutto questo lo dissero ridendo e ballando
in un simpatico, grazioso girotondo.
Tutti gli animali del bosco si
unirono a loro in un festoso girotondo
Pollicino si avvicinò
fiducioso al primo gnomo, che sembrava il più autorevole e gli disse:
"Mi scusi, signor gnomo, forse lei mi può aiutare. Mi sono già
rivolto agli Elfi, ma purtroppo non ho ottenuto alcun risultato"
"Che vuoi che faccia per te?"
Domandò Verdicchio (così si chiamava lo gnomo interpellato).
"Vedi come sono piccolo. Io
vorrei crescere. Sai darmi tu qualcosa che mi permetta di alzarmi di qualche
centimetro?"
"Ehm! Ehm!" Esclamò Verdicchio.
"Certo la cosa non è semplice. Che ne dite voi, fratellini?" Si
consultarono fra di loro e poi decisero di rivolgersi insieme a Fata Turchina,
che possedeva una bacchetta magica.
Purtroppo
Fata Turchina era stata trasformata in farfalla dal Mago Magò.
"Occorre andare
nel suo castello!" Esclamò Verdicchio preoccupato dal momento
che Mago Magò non era molto amico degli gnomi.
Pollicino non si sgomentò.
Si informò della strada da percorrere e decise di andarci da solo.
Una
colomba con un ramoscello di ulivo, simbolo della pace, si offrì
di accompagnarlo.
Un gatto nero festoso
e rassicurante gli si fece incontro e propose di fargli strada.
Nel cielo volteggiavano minacciosi alcuni pipistrelli,
ma la colomba rassicurò Pollicino, dicendogli di non temere, dal
momento che ormai il castello del mago era vicino.
Sulla porta del castello comparvero due cani, ma non
erano minacciosi, anzi uno sembrava addirittura che piangesse.
Infatti: un cagnolino si lagnava e l'altro piangeva.
"Che cosa avete, amici miei per essere così tristi?"
domandò Pollicino.
"Il Mago Magò ci ha cacciati via: oggi non è
proprio di buon umore!
Ma tu che fai qui?"
"Vorrei parlare con il Sig. Magò per un problema
mio personale" - rispose Pollicino-
"Non so se avrà voglia di riceverti. Tu prova
ugualmente, ma cerca di essere molto gentile e non dimostrare di avere
paura, altrimenti si arrabbia e sono guai."
Pollicino, incoraggiato dalla colomba, suona al castello
e la porta si apre da sé senza che si faccia vedere qualcuno.
"E' permesso? Posso entrare?"
Una voce roca, minacciosa domanda: "Chi sei? Che cosa
vuoi?"
"Vorrei parlare con lei, Signor Mago, può essere
così gentile di ricevermi?"
"Sali la scala alla tua destra e fatti vedere."
Il
mago stava facendo uno dei suoi intrugli.
Alzò il capo e, quando scorse Pollicino, si mise
a ridere, a ridere a più non posso ed esclamò: "Ma chi sei,
piccolo essere appena visibile? Da dove vieni? Che cosa vuoi?"
Pollicino, rincuorato da quella risata, cercò
di rispondere e infine a chiedere quanto gli stava a cuore.
"Ehm, ehm! Si può fare. Voglio accontentarti dal
momento che mi hai fatto divertire tanto. Ma prima raccontami come hai
fatto ad arrivare fino a me". Pollicino raccontò la sua storia,
ma evitò di parlare degli Elfi e soprattutto degli Gnomi dal momento
che sapeva della sua antipatia per quegli esserini.
Senza intrugli, né decotti, Mago Magò pronunciò
solo una formula magica e, di colpo, Pollicino crebbe di un palmo.
"Ti basta così? Che ne dici?" Pollicino si guardò
in uno specchio e cominciò ad essere più sereno, ma non osava
chiedere di più. Il Mago si accorse della sua perplessità
e, senza aggiungere altro, ripeté la formula magica e il bambino
crebbe di un altro palmo.
Questa volta Pollicino fu veramente felice e corse incontro
al Mago per abbracciarlo, senza riflettere sulle possibili conseguenze
del suo gesto.
Tutto andò bene. Infatti il Mago, che non era
abituato a certi gesti di affetto, si commosse e lo prese tra le sue braccia.
Anzi gli propose di restare sempre con lui.
Pollicino, temendo di offenderlo, prese tempo e rispose
che avrebbe accettato volentieri, ma prima doveva recarsi dalla sua
famiglia per tranquillizzarla e poi sarebbe tornato.
Il cammino del ritorno si presentò
subito faticoso. Incontrò un bosco nel quale apparve una ripida
cascata. Pollicino
avrebbe dovuto attraversarla, ma la cosa non era semplice.
Avrebbe avuto bisogno almeno di
un ponticello per oltrepassarlo, ma purtroppo non c'era.
La colomba ricomparve
e invitò Pollicino a salire sulle sue ali.
Ora però Pollicino era cresciuto ed era diventato
anche pesante. Ci voleva qualcos'altro per aiutarlo. Come fare?
Ci pensarono gli animali del bosco: i roditori, gli uccelli
costruttori e costruirono un canneto da gettare come ponte
Venne fuori un ponte artistico che fu gettato
di traverso nel punto più basso della cascata, così Pollicino
poté attraversare.
Giunto dall'altra parte si fermò a salutare gli
amici, a ringraziarli e riprese il suo cammino.
Da lontano vide un gregge sorvegliato
da una pastorella
Si avvicinò e si accorse di conoscere la pastorella.
"Ma tu non sei Lucia? Come mai sei qui?" Lucia arrossì e si stupì
di vedere quel bel ragazzo che assomigliava tanto a Pollicino, ma di lui
molto più alto. Timidamente rispose: "Per aiutare la mia famiglia
dopo la scuola vengo a far pascolare le pecore del nostro vicino, ma tu
chi sei?"
Pollicino rispose: "Non mi riconosci? Sono Pollicino".
"Tu, Pollicino!? - ribatté stupita Lucia - e che cosa ti è
successo?. Sei così cresciuto!".
Per la prima volta Pollicino si rese conto della sua
nuova statura e volle specchiarsi nell'acqua del primo ruscello incontrato.
Era felice del risultato ottenuto, ma temeva che, come
Lucia anche gli altri non l'avrebbero riconosciuto.
Riprese il cammino, ma la sua avventura non era ancora
finita. Infatti non conosceva bene la strada del ritorno e la colomba se
ne era andata e così pure il gattino nero.
Si trovò davanti ad un bivio. Andare a destra
od a sinistra? Questo era il dilemma!
Si diresse verso destra. Purtroppo fu uno sbaglio che
gli costò caro.
Incontrò un animale a lui sconosciuto: un puma
Pollicino fu terrorizzato, ma riuscì ad evitarlo
nascondendosi dietro ad una roccia. Lì rimase immobile fino a che
vide l'animale allontanarsi e, piano piano guizzò via dalla parte
opposta.
Non sapeva più che cosa fare, povero Pollicino!
quando gli comparve all'improvviso la fatina che, terminato l'incantesimo
del mago, aveva ripreso il suo aspetto.
La
fatina fu felice di potersi rendere utile e, con un colpo di bacchetta
magica riportò Pollicino verso casa. Prima però gli disse
di stare attento perché il Mago Magò non l'avrebbe lasciato
certamente in pace.
"Che cosa potrebbe farmi?" domandò impaurito il
ragazzino. "Potrebbe cercarti e riprenderti, ma potrebbe anche farti ritornare
piccolo piccolo come e più di prima".
Pollicino si ritrovò all'uscita del bosco.
Scorreva un ruscello dalle acque limpide e fresche. Si
chinò per bere e si rivide nello specchio delle onde. Il ruscello
si riversava in un laghetto circondato dalle colline.
Il panorama si presentava incantevole e Pollicino, stanco
dell'avventura vissuta, si sedette all'ombra di un albero e si addormentò.
Sognò gnomi, elfi, fatine, maghi e gli sembrò
di volare sulle ali del vento.
Improvvisamente vide nel cielo un aereo e gli sarebbe
piaciuto farsi trasportare da lui seduto in una comoda poltrona. Viaggiare
gli era sempre piaciuto e, pur nel sogno, volle approfittarne. Nei sogni
tutto può accadere! Si accostò volando all'aereo e vi salì.
Come era bello lasciarsi portare in un viaggio fantastico!
Sorvolò mari e monti, ammirò la terra verde
delle foreste l'aridità dei deserti, le coltivazioni ordinate dei
campi e degli orti. Vide gli uomini che parevano tanti Pollicini guardati
dall'alto.
Ad un certo punto sentì uno scalpitio di cavalli,
che lo svegliò, quasi l'impaurì e lo riportò alla
realtà. Gli dispiacque rendersi conto che aveva soltanto sognato!
Si rallegrò soltanto quando vide di essere arrivato
nei pressi di casa.
Vide la sua chiesa, il suo campanile e si rallegrò.
Cominciò a fare salti di gioia.
Ecco sua madre, sull'uscio di casa abbracciata al suo
amato Farfui,
mentre nei campi vide il suo babbo intento ad osservare
i lavori da farsi.
Pollicino corse loro incontro per abbracciarli
ed essi lo guardarono stupiti. "Ma come hai fatto a crescere così
in fretta? Dove sei stato?"
Pollicino, felice di essere riconosciuto, cercò
di raccontare la sua straordinaria avventura, che sapeva più di
favola che di realtà, ma chi ama la natura sa che non c'è
nulla di impossibile a chi crede. Così furono pieni di gioia per
vedere così contento il loro figliolo.
"Ora vedremo come andrà a scuola". Pensò
Pollicino. "Finalmente non mi canzoneranno più, mi rispetteranno,
ma io a loro non racconterò proprio niente. Li lascerò a
bocca aperta."
Arrivò in classe, il giorno dopo, mentre la maestra
seguiva uno scolaro. Al vederlo tutti ammutolirono. Non riuscivano a capire
se era proprio lui quel Pollicino che conoscevano. Lo subissarono di domande,
ma lui: zitto. Ripeteva solo: "Credete ai miracoli?"
Tutto procedeva felicemente, ma nel cuore del bambino
era rimasto un cruccio. Il Mago Magò. Chissà se lo avrebbe
lasciato in pace!. Lui gli aveva fatto una promessa, che non si sentiva
proprio di mantenere.
Dopo qualche giorno, mentre era nei pressi del bosco,
ecco apparire in lontananza
nel
cielo un uccellaccio dall'aspetto minaccioso.
Pollicino cominciò a tremare. Capì che doveva
essere un emissario del mago.
Infatti di lì a poco, l'uccellaccio si posò
accanto a lui e gli parlò: "Mago Magò è molto offeso
per il tuo silenzio. Con il piacere che ti ha fatto, tu avresti dovuto
esaudire il suo desiderio e tornare da lui". Pollicino cercò di
spiegargli la sua vera natura dicendogli: "Io sono un bambino, ho la mia
vita, la mia famiglia, la mia scuola, come posso lasciare tutto questo?"
"Se non lo farai sarai severamente punito. Il mago non
scherza." "Che cosa mi farà? Spero non mi faccia tornare come ero
prima. Non puoi intercedere per me?"
"Mi spiace, ma non posso proprio fare niente. Quello
che lui vuole è un ordine".
A Pollicino non restava che promettere di cercare una
soluzione, senza però sapere quale potesse essere. Non gli restava
che tornare nel bosco dai suoi amici più cari per cercare aiuto.
E così fece.
INCONTRO con GLI AMICI
Si mise a gridare a squarciagola:
"Elfi, gnomi, fatina, animali del bosco, accorrete! Ho urgente bisogno
di voi!"
Si fece presente un uccellino.
"Ciao, Pollicino, perché
gridi così?!"
"Ho bisogno di radunare tutti gli
animali del bosco e tutti gli esseri qui viventi!"
"Stai tranquillo, ci penso io"
e, con un battere d'ali si allontanò gridando: "Venite, venite,
accorrete veloci: c'è Pollicino che ha bisogno di voi."
In poco tempo si riunirono tutti
nella sala verde, cioè in un bel prato pianeggiante.
Pollicino cominciò a dire:
"Amici, sono veramente in pericolo, perché Mago Magò mi vuole
con sé ed io glielo avevo promesso, ma non posso andare ad abitare
con lui" e cominciò ad elencare tutti i motivi per cui non poteva
rinunciare alla sua vita.
"La cosa è grave" dissero
in coro pensierosi. Proviamo a chiamare anche le farfalle, forse loro nei
loro viaggi sanno consigliarci".
Le farfalle arrivarono.
Udita la cosa dissero che nei loro viaggi avevano scoperto
che la creatura più influente sul mago Magò era Birba, il
suo gatto preferito, da cui non si separava mai e che consultava per i
suoi incantesimi. "E' vero,
disse Pollicino, l'ho visto quando ero nel castello: Faceva
continuamente le fusa e gli si strofinava contro. Come fare a contattarlo?"
"Co pensiamo noi, dissero le farfalle. Diamoci appuntamento
dall'altra parte del bosco e te lo farò incontrare".
Così avvenne.
Birba era un bel gattino, molto grazioso e cominciò
a fare le fusa intorno a Pollicino, che già aveva conosciuto.
Il bambino gli espose il suo problema e Birba gli diede
una speranza.
Infatti, tornato al castello cominciò a strofinarsi
al mago e iniziò una scena di gelosia. "Perché vuoi quel
bambino qui con te? Non ti basto io a coccolarti, a volerti bene, a dimostrarti
il mio affetto?" Tanto disse e tanto fece che ottenne di essere esaudito.
Birba chiamò allora i suoi amici cani (non è
vero che gatti e cani non posano essere amici!) e fece loro portare la
bella notizia a Pollicino, che era rimasto in attesa ai bordi del bosco.
I sei cani della "Carica dei 101" si prestarono volentieri
a fare quel buon servizio, forse sparando di essere poi ancora ingaggiati
in un prossimo film!
LA BUONA NOTIZIA rallegrò
Pollicino che corse finalmente sereno verso casa.
La strada gli sembrò più
breve e, con il fiato in gola, corse ad abbracciare i suoi cari, ma non
dimenticò mai i suoi amici del bosco, che ogni tanto andò
a trovare portando loro ogni leccornia.
Così finisce la storia di Pollicino, che da piccolo
divenne grande per magìa, ma anche per la sua bontà.
FINE
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Mariangela