STORIA di DUE CIGNI
Un bellissimo lago, circondato da colline, alberi rigogliosi.
In questo lago vivono i due cigni di cui vi racconterò
la storia.
Cingulì e Cingulà: sono i loro nomi.
Trascorrono la loro vita a nuotare nelle tranquille acque
del lago,
a tuffarsi alla ricerca di qualche pesciolino sprovveduto,
a riposarsi sulla riva, in un piccolo anfratto, che sembra
fatto apposta per loro.
Che possono dire due cigni così?
Intanto che si amano.
Già, anche i cigni hanno un cuore e vivono d'amore.
Calma, tranquillità,
ondeggiare di acque
sotto un tiepido sole.
Sfumature d’argento
mentre alita leggero il vento.
Pescatori sulla riva
gettan fiduciosi la lenza.
Abboccano i pesci inesperti
la loro fine è ormai certa.
Bianchi cigni nuotano al largo.
In fila vanno con i piccoli accanto.
Sono neri i piccolini
ansiosi di libertà.
Tuffano il capo nelle onde
anche se sono profonde.
Ora i gabbiani volteggiano intorno
sfiorano l’acqua
fan capriole.
Afferrano i pesci
si nutrono al volo.
Ed io osservo con tanta pace nel cuore
colpita da questa serenità.
Cingulì e Cingulà stanno l'uno accanto
all'altra,
quasi in contemplazione,
indifferenti agli altri amici, assorti nel loro vagare.
Quando osservano il volo dei gabbiani, che si alzano
nel cielo,
dopo aver afferrato un pesciolino quasi al volo,
vorrebbero riuscire anche loro a spiccare il volo,
ma le loro ali sono deboli e possono solo svolazzare.
Un giorno un gabbiano si attardò ad allontanarsi
e si fermò accanto a loro.
Cingulì, curioso, gli domandò notizie dei
suoi viaggi.
"Dimmi un po': nel tuo volare
che cosa hai visto?
Noi siamo sempre in questo
laghetto e, anche se siamo felici,
vorremmo spaziare pe il mondo
sconosciuto"
Gabì, così si chiamava
il gabbiano, cominciò a raccontare:
"Con i miei fratelli ed amici
mi piace volare in cieli spaziosi
ed osservare il mondo sotto
di noi.
Ci sono terre lontane molto
belle, ma solitamente non andiamo lontano."
Prima di iniziare il racconto dei
suoi viaggi Gabì volle presentarsi
facendo conoscere qualcosa della
sua natura.
Raccontò che
I GABBIANI sono gli uccelli forse
più noti e comuni dei nostri litorali: li si può vedere mentre
in picchiata sfiorano l'acqua risalendo con qualcosa nel becco, o mentre
seguono le navi sperando in qualche avanzo, o mentre si riposano sull'acqua
galleggiando così leggeri da sembrare ochette di plastica.
Sono uccelli onnivori e "di becco
buono": voraci e frugali. Hanno un notevole ingegno, che insieme alla curiosità
li spinge ad assaggiare qualsiasi cosa sembri commestibile e ad allargare
così sempre di più le componenti della loro dieta.
Non temono affatto il contatto
con l'uomo, con il quale convivono ormai tranquillamente in molte città
costiere o attraversate dai fiumi (che risalgono per centinaia di chilometri
senza esitazione: nella pianura Padana si trovano gabbiani lungo il Po
fino in Piemonte). Da qui non esitano poi ad allargare la loro area di
caccia ai campi coltivati, arrivando a contendere il cibo agli uccelli
dei coltivi e perfino alle temibili cornacchie.
La loro adattabilità è
favorita anche dalla particolare forma del becco, che è lungo e
robusto, simile a quello dei rapaci, ma provvisto all'estremità
di un piccolo uncino. Un becco così, che rispetto al tipo di prede
si potrebbe definire "universale", permette ai gabbiani non solo di afferrare
e trattenere prede viscide (i pesci piccoli vengono inghiottiti così
come sono, sfruttando la lunghezza del becco), ma anche di smembrare a
pezzi il cibo.
Le ali snelle e appuntite consentono
di sfruttare per ore le correnti d'aria; quando volano i gabbiani hanno
un battito d'ala lento e monotono. Sul terreno camminano con facilità
e si tuffano nuotando egregiamente.
Il nido è quasi solo
una conchetta tra l'erba o i cespugli; le uova (2-3 per 1-2 covate all'anno)
sono molto mimetiche, chiare punteggiate di scuro e dello stesso colore
è il piumino dei pulcini, che sono molto abili fin da piccolissimi
ad uscire dal nido e a nascondersi tra le piante all'avvicinarsi di qualche
elemento di disturbo.
Inconfondibile il suo grido,
che sembra imitare una risata stridula.
Grandissimo volatore, sfrutta molto
bene le correnti ascensionali per mantenersi in aria con il minimo sforzo;
questo gli permette di allontanarsi anche molto dalla costa, fino a seguire
per lunghi tratti le navi. Spesso risale i fiumi, e attirato dall'abbondanza
di cibo (e di rifiuti) che trova lungo le sponde penetra all'interno per
centinaia di km.
Terminata la lunga presentazione nella quale Gabì
dimostrò molta competenza e chiarezza di esposizione (forse era
un gabbiano letterato!), parlò dei suoi viaggi.
Raccontò di terre ricche di vegetazione, di lunghe
distese di campi,
di animali selvatici e feroci, di uccelli dai colori
più vari e tante altre cose.
I nostri due cigni, con gli altri del lago che si erano
radunati intorno a loro,
ascoltavano estasiati e sognavano quelle terre lontane
che mai avrebbero potuto vedere.
Ad un tratto la loro attenzione fu attratta da una strana
cosa che planava sull'acqua.
Sembrava un grande uccello, molto più grande di
un gabbiano.
Non sapevano che era un idrovolante e, un po' impauriti,
ma anche molto curiosi, cominciarono ad osservarlo.
Non osavano avvicinarsi, ma vollero vedere.
Che mai poteva essere?
Come aveva fatto ad arrivare fino al loro laghetto?
Rimasero a lungo pensierosi, quando videro un altro idrovolante
arrivare da lontano e molta gente si era fermata sulla riva ad osservare.
Si allontanarono veloci, ma poi la curiosità prevalse
e cercarono di vedere un po' più da vicino.
"Come mi piacerebbe salire
lì sopra e farmi portare in alto" - disse
Cingulì,
ma Cingulà più paurosa
disse subito che mai l'avrebbe fatto:
le bastava lo spazio aperto del
suo laghetto.
Il tempo trascorreva sereno: il cielo era azzurro, il
sole riscaldava le acque
e poi c'erano gli amici con cui giocare
e poi
c'erano i bimbi che si avvicinavano a loro sulla riva senza timore e porgevano
del cibo di cui erano ghiotti.
Che potevano desiderare di più?
Ogni giorno si presentava loro uno spettacolo nuovo.
Avvenne che passò sul litorale un gruppo di cavalli.
Al vederli i due cigni rimasero esterrefatti!
Chissà che cosa potevano essere, pensarono.
Solitamente nei prati circostanti passavano solo animali
più piccoli.
Erano cani con i loro padroni.
Ma quelli erano molto più grandi e anche i cani
li temevano un po'.
C'era poi una cagnetta che, al vederli, si metteva ad
abbaiare
più forte che poteva per farsi coraggio.
Forse credeva che fossero cani enormi e li temeva!
.
Un giorno arrivò nel lago un nuovo ospite.
Nuotava allegro, ma non durò a lungo la sua allegria.
Dapprima gli abitatori del lago lo osservarono stupiti,
poi cominciarono a fargli domande su domande.
"Come ti chiami? Da dove
vieni? Come hai fatto ad arrivare fin qui?"
Il nuovo arrivato rispose cortesemente:
"Mi chiamo Cengi, arrivò
da un paese lontano e sono stato portato qui dagli uomini di quel luogo.
Mi piace questo posto e vorrei restare con voi."
Cingulà era abbastanza accogliente,
ma Cingulì non era molto d'accordo.
Temeva che il nuovo arrivato privasse
loro del cibo.
Temeva che volesse corteggiare
la sua sposa.
Gli pareva un intruso indesiderabile
e lo
invitò ad andarsene.
Cengi però desiderava troppo
restare in quel luogo e cominciò con il raccontare la sua storia
per impietosire Cingulì.
"Mi trovavo in un lago di
una terra lontana, forse si chiamava Olanda.
Qui c'erano paesaggi molto
caratteristici: mulini a vento,
laghetti originali. Io abitavo
accanto ad un ristorante molto elegante.
Il proprietario era un uomo
opportunista: voleva solo cercare di guadagnare con il maggior profitto
e il minimo sforzo.
Un giorno un cliente si fermò
ad osservarmi.
Mi guardava con insistenza
ed alla fine chiamò il cameriere e gli disse
che voleva mangiare carne
di cigno, che non aveva mai assaggiato e intanto additava me.
Potete immaginare quanta
paura cominciai ad avere.
Il cliente era molto ricco
e il proprietario del ristorante ci teneva molto ad accontentarlo.
Così diede ordine
al cameriere di afferrarmi e tirarmi il collo.
Accanto però c'era
la figlia del padrone e lei mi voleva molto bene.
Ogni giorno veniva a trascorrere
molto tempo accanto a me.
Mi portava pesciolini, ed
altre leccornie.
Udito il pericolo che stavo
per correre si mise a piangere.
Supplicò il padre
di non uccidermi.
Il padre, che amava moltissimo
la figliola, non sapeva più che fare.
Così mi fece sparire.
Cioè mi nascose in
una piccola grotta naturale e comunicò al cliente che ero fuggito
e che inoltre la carne di cigno non era assolutamente commestibile.
Gli promise di preparargli
uno squisito pranzetto che certamente avrebbe potuto gustare di più-
Il cliente però era
cocciuto ed insisteva. Disse che se io fossi ricomparso doveva farmi la
festa,
Altroché festa!!
Cominciai a tremare ed a
sperare.
La bimba supplicò
il padre di portarmi altrove.
Preferiva privarsi della
mia amicizia piuttosto che sapermi morto.
Ecco perché fui caricato
in un camion dentro una gabbia e portato qui.
Adesso che conoscete la mia
storia e la mia tristezza per quanto ho dovuto passare, spero mi vogliate
accogliere.
Non vi disturberò,
statene certi, sarò vostro amico, ma lasciatemi rimanere qui, dove
ho ritrovato la mia pace."
Cingulì si commosse al racconto
e si accostò a Cengi per rassicurarlo.
"Resta pure con noi, sei
ben accolto.
Qui non dovrai più
soffrire e troverai tanti amici che ti vorranno bene e ti faranno dimenticare
il tuo dolore.
Anche tanti bimbi saranno
felici che tu rimanga tra noi."
Da quel momento il laghetto ebbe
un ospite in più.
Il cibo non mancava: ce n'era per
tutti.
Il tempo passava.
Passavano le stagioni.
Finì l'estate con il caldo sole, i giochi dei
bimbi nel prato, i cagnolini festosi con il loro abbaiare e rincorrersi.
Venne l'autunno.
Tutto era silenzio intorno.
Le foglie ingiallite caddero dagli alberi e distesero
un tappeto sul prato.
Rari erano i passanti e coloro che, sfidando i primi
freddi, si sedevano ancora sulle panchine di pietra.
C'erano solo giovani innamorati che si scambiavano le
loro effusioni.
Poi venne l'inverno.
Il cielo divenne sempre più nuvoloso e minaccioso.
Dopo le piogge insistenti, i temporali, cadde la neve.
Ben presto il lago si coprì di ghiaccio ed i poveri
cigni dovettero cercare un riparo.
Si strinsero l'uno accanto all'altro ed osservarono stupiti
il paesaggio.
Era caratteristico, ma il freddo era pungente e non potevano
più fare i tuffi per prendere i pesci.
Il cibo veniva loro portato dai guardiani e trascorrevano
molto tempo con il capo sotto l'ala dormicchiando.
Anche l'inverno passò.
Venne la primavera e con la bella stagione il periodo
degli amori.
Nacquero diversi piccoli cigni ed anche Cingulì
e Cingulà si sposarono ed ebbero alcuni figlioletti, su cui riversarono
tanto amore insegnando loro a nuotare e come accaparrarsi il cibo.
Anche gli uccellini nidificarono e rallegrarono il lago
con i loro cinguettii.
Nel prato spuntarono le prime margheritine
e sui rami degli alberi tenere foglioline.
Il sole splendeva nel cielo azzurro e una leggera brezza
faceva increspare la superficie del lago.
Cingulì e Cingulà si rallegrarono al tepore
e ripresero la caccia ai pesciolini,
a nuotare felici, a danzare sulle onde con accanto i
loro figlioletti.
La festa era tornata.
Nel prato i bimbi ritrovarono i loro giochi e i cagnolini
le loro corse in libertà.
Così le stagioni si susseguirono alle stagioni.
La vita trascorreva serena per tutti.
Gabi svolazzava intorno e Cengi si ritrovò con
gli amici
dimenticando le disavventure vissute .
Sulle panchine ritornarono gli anziani a discorrere tra
loro,
a leggere e commentare il giornale del giorno
a rinnovare la memoria dei tempi passati.
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